Nascere con un registratore nel cervello

Ho spesso parlato del mio rapporto con la musica e delle esperienze tragicomiche legate al lavoro nel settore, che sono il lato "curioso" di quello che faccio.
C'è un lato più personale e "tecnico" però di cui vorrei parlare: non la musica in sé, ma il modo in cui la percepisco. Ho suonato fin da cinque anni di età, quando vedendo all'asilo un pianoforte ho sdegnato i giocattoli e detto a mia madre, quando è venuta a prendermi, che avrei voluto suonare quel coso anch'io.
Ma gli insegnamenti che ricevetti, pur da ottimi insegnanti diplomati al Conservatorio e concertisti, erano sempre legati a un metodo d'insegnamento che mi era del tutto estraneo. Dover riconoscere prima di tutto le note, i loro nomi, la loro posizione sul pentagramma, i simboli grafici delle pause, le battute, i tempi eccetera, mi pareva del tutto innaturale: la musica è come un linguaggio, e come s'impara prima a usar la voce e articolar le prime parole, e solo dopo a leggere e scrivere, mi pareva altrettanto automatico che, con uno strumento in mano, prima ci si esercitasse a ricavarci dei suoni sensati e dopo, semmai, a codificarli e scriverli.
Eppure i miei insegnanti hanno sempre considerato questo un difetto, rimproverandomi il fatto di suonare a orecchio e non seguire gli spartiti, mentre io non li seguivo perché da un lato facevo fatica e, se avessi dovuto seguirli, sarei stato lentissimo, specie su strumenti diversi dal piano; dall'altro perché il mio cervello funzionava come un registratore: incamerava tutti gli impulsi sonori che riceveva con le esatte scansioni tonali, a volte "completando" a modo suo, ma sempre in modo coerente, le sequenze che andavano perse nella memorizzazione.
Il risultato era un'esecuzione sempre gradevole, ma sempre in qualche modo imperfetta, giacché i punti in cui la mia "versione memorizzata e completata" si discostava dalla traccia scritta, per quanto magari gradevoli a udirsi (spesso aggiungevo "settime", senza ancora sapere cosa fossero, per rendere più fluente il passaggio da una tonalità all'altra, per esempio), erano a tutti gli effetti degli "errori", dal momento che quel che mi veniva richiesto d'imparare era di riprodurre un determinato pezzo per come era scritto.
Finché sono andato a scuola di musica, la mia testa non è mai riuscita ad andare dietro ai programmi d'insegnamento, esattamente come a scuola, e la resa finale è stata sempre scarsa. Ho studiato musica per molti anni, prima pianoforte e poi chitarra classica, ma con scarsi risultati, e non mi sono mai davvero sentito "un tutt'uno" con lo strumento, se non a livello molto basilare, esclusivamente armonico: quando c'era da accompagnare e basta quello sì, riconoscevo gli accordi e le tonalità al volo e non ho mai avuto bisogno della successione scritta di accordi per accompagnare alcun pezzo in alcuna tonalità. Ma la parte melodica mi era assolutamente preclusa, perché m'era stato insegnato, in un modo o nell'altro, che il mio modo di apprendere ed eseguire le melodie era sbagliato, per cui per me era qualcosa di difficilissimo, inarrivabile.
Per anni ho deciso che io e la melodia fossimo universi non conciliabili, tanto che mi dedicai alle sole percussioni, dove questa componente è assente.
Quello che ha cambiato tutto è stato il bouzouki: prendere in mano uno strumento diverso da quelli che conoscevo senza che, per la prima volta, qualcuno cercasse di insegnarmi il metodo tradizionale (ma anzi collaborando con musicisti folk, che suonavano in maniera simile alla mia) ha come "riacceso" qualcosa nel mio cervello, che ha ricominciato a lavorare come un "registratore", ripristinando una connessione tra le orecchie e le dita che una serie di input sbagliati avevano "spento".
Prendete questa cosa per esempio:
Io non ho minimamente idea di che note stia suonando, mentre lo suono; né conosco il titolo del pezzo (è un tradizionale irlandese), l'ho semplicemente sentito fare da musicisti irlandesi ascoltandolo al massimo una decina di volte e sempre dal vivo.
So riconoscere quali accordi ci andrebbero se, anziché eseguire la melodia, volessi accompagnarlo (tra l'altro a 00'14" m'è partito totalmente a caso un basso che non c'entra nulla), perché gli accordi sono intuitivi e ne conosco i nomi, ma resterei totalmente smarrito se mi mettessero davanti uno spartito di quella roba lì.
Probabilmente non lo riconoscerei neppure; se provassi a suonarlo, andrei lentissimo, mi uscirebbero note sbagliate nel tempo sbagliato, in sintesi mi uscirebbe così male che probabilmente neppure provando a suonarlo riuscirei a riconoscerlo.
Idem se dovessi scriverlo: dovrei mettermi lì e riconoscere nota per nota su una tastierina per pianoforte e poi, con altrettanta lentezza, risalire alla posizione sul pentagramma e quindi scrivere la nota.
Eppure, "registrandolo" e riproducendolo totalmente a memoria non ho nessun problema, tanto che ho anche cambiato un passaggio per renderlo più gradevole (sempre senza sapere quali note ho sostituito con quali) e tra l'altro io lo suono in Mi+, mentre l'originale è in Re+ (tutti i reel irlandesi sono in genere in Re o in Sol, perché sono fatti per essere suonati tutti insieme da strumenti con diverse accordature, e quelle due tonalità sono le uniche che lo consentono).
Questo si ripete anche nello studio delle lingue: ho sempre avuto voti bassi a scuola sia in inglese, sia in greco e latino, perché assurdamente, anche lì, diversamente dalla tua lingua madre ti insegnano subito a leggere e scrivere, mentre per me è importante molto prima familiarizzare con i suoni e riprodurli esattamente. Per questo parlo ogni lingua con accenti impeccabili e spesso connotati geograficamente, ma anche con le sgrammaticature che questi accenti comportano.
Da quel che ho capito, la maggior parte delle persone che suonano ha invece con la musica un rapporto di tipo molto grafico e visivo: molti trovano il pentagramma complicato, ma si rifanno comunque alle tablature con le posizioni delle dita o, quantomeno, a una successione di accordi che suggerisce l'evoluzione armonico del pezzo. E lo stesso con lo studio delle lingue: apprenderle leggendo non causa apparentemente un grosso sforzo, e neppure il dover adattare suoni della propria lingua a quella nuova invece di registrarli esattamente e riprodurli senza l'influenza della propria parlata. Quindi forse funzionano più come dei "lettori" più che dei "registratori".
Ci sono altri "registratori" qui? Qualcuno si ritrova in questo tipo di percezione?
Accedi oppure Registrati per commentare.
Commenti
Ciò di cui parli (la registrazione che avviene nella tua mente, senza conoscere gli spartiti) dovrebbe essere semplicemente sintomo di elevata intelligenza musicale. E deve essere una capacità poco comune, dato che di questo tipo di intelligenza ho letto molto, ma tu sei la prima persona che ''conosco'' che ne è dotata a tali livelli
Io non ho minimamente idea di che note stia suonando, mentre lo suono;
né conosco il titolo del pezzo (è un tradizionale irlandese), l'ho
semplicemente sentito fare da musicisti irlandesi ascoltandolo al
massimo una decina di volte e sempre dal vivo.
non sono sicura di aver capito bene: tu riconosci la frequenza del suono senza attribuirle il nome di una nota, e con un po' di dimestichezza con lo strumento in questione sei capace di trovare la posizione fisica per ogni frequenza e riprodurre quindi lo stesso brano?
personalmente non so dire se anche io sia un registratore o non lo sia, quando sento una melodia come quella del tuo file attribuisco istantaneamente il nome delle note alle varie frequenze, quindi forse secondo il tuo ragionamento sfrutto in parte la componente "grafica" della musica, però su una cosa mi ritrovo, gli spartiti sono un impedimento, mi è sempre stato criticato il fatto di suonare a orecchio, se so perfettamente quali note sto per suonare a che mi serve leggerle?
cito:
Idem se dovessi scriverlo: dovrei mettermi lì e riconoscere nota per
nota su una tastierina per pianoforte e poi, con altrettanta lentezza,
risalire alla posizione sul pentagramma e quindi scrivere la nota.
questo mi viene automatico.
questo invece è un mio limite, specie con la chitarra, se qualcuno mi chiedesse di suonare una serie di accordi con il capotasto (quindi in tonalità diversa dall'originale) avrei difficoltà, perché ad una determinata posizione della mano associo un preciso accordo, e sentire un suono diverso (che quindi senza capotasto suonerei diversamente) mi manda in confusione.
il fatto che tu non abbia bisogno di nominare le note per sapere cosa stai suonando secondo me ti permette di essere molto più flessibile, i nomi e la grafica sono una forma di mediazione che permette a quasi tutti di rendere fruibile la musica, solo questo, secondo me. non averne bisogno ti rende più libero.
per risponderti, volendo potrei riscrivere su pentagramma le note del tuo file, non sarebbe automatico o naturale però, nel senso che non necessito di questo passaggio per poter a mia volta riprodurre la stessa melodia, è sufficiente ascoltarla qualche volta. chiaramente nulla toglie il fatto che serva un minimo di dimestichezza con lo strumento.