Mania di controllo
Sentite mai la necessità di controllare ogni cosa? La famiglia, il lavoro, le piccole cose,,,
Tutto sotto controllo quasi maniacalmente, e se non ci riesci ecco quella fitta allo stomaco. Non parlo di ordine fisico.
I miei genitori abitano per conto loro eppure sento che tutto ciò che li riguarda, ogni problema o ogni dispiacere sia una mia responsabilità, come se debba provvedere o prevedere tutto, Forse ciò deriva dal fatto che sin da piccola ho dovuto farmi carico della depressione di mia madre visto che mio padre allora era " desaparesidos" nelle sue cazzate che poi ho scoperto anni dopo avere un nome ed un cognome.
Ora è il suo turno. Dopo un ictus è andato giù, è depresso a tal punto da minacciare il suicidio e oggi ancora brutte notizie non gravi, non mortali almeno, ma intanto le deve affrontare e io eccomi di nuovo con l'armatura pensando a cosa " noi" possiamo fare!
Mio marito mi fissa come una scema dicendomi che sono esagerata, ma la verità è che la mia mania di controllo rasenta la follia su certe cose e tutto ciò che sfugge a quel dannato controllo mi manda in tilt il cervello! Mio marito non capisce e io mi incavolo. Penso che io e solo io devo affrontare tutto perché ci sono solo io su cui contare, io che mi capisco!
Sono io? cioè succede solo a me?
Commenti
Ma non la percepisco come follia, quanto piuttosto ad un eccessivo ed a volte castrante, senso di responsabilità.
Idem, come te, fin da piccola ho avuto una madre con "esaurimento nervoso", un padre assente (era in famiglia ma ci ha creato molti problemi) ed io che dovevo " far da madre" a mia madre e da "marito" nel senso occuparmi incombenze pratiche nonché sostenerla di morale.
Fronteggiare mio padre, e dare un indirizzo familiare (stiamo parlando di una bambina e poi adolescente).
Quindi mi sono dovuta allenare a "controllare" anche economicamente la famiglia per evitare la deriva, attuando una fermezza ed una "insensibilità" per non cedere.
Questo mi ha provocato una forzata maturità con conseguenti lacune sul piano affettivo/relazionale.
La notte ero l'ultima ad andare a dormire (malgrado avessi scuola il giorni dopo) perché aspettavo mio padre, allo stesso modo di come fa un genitore con i figli.
Questo ha determinato poi una insicurezza nel vivere in modo "sciallo", gestire i soldi con parsimonia, controllare i loro stato emotivi, cercare di fare da mediatrice.
Sul lavoro per attuare una procedura devo conoscere tutti i passaggi, altrimenti non riesco a carburare.
In una relazione devo sapere fin da subito quali sono le carte in gioco.
Devo conoscere tutto del mio partner, anche se poi lascio molta libertà.
Sono impicciona, nel senso che se non mi controllo, apro cassetti, smucino nelle carte, ma mai ho controllato un cellulare.
Però sono riservatissima, allenata a tenere per me i segreti che istintivamente la curiosità mi spinge a svelare.
Mi opprime pensare al futuro proprio perché comporta un abbandonarsi all fatto che non tutto può essere pianificato.
L'imprevisto, ora riesco a fronteggiarlo, ma fino a 4/5 anni fa, andavo nel pallone, morse allo stomaco e sbalzi emotivi.
Mi determina anche un eccessivo senso di protezione, tanto da sentirmi più ferita se fanno male alle persone che titengo essere sotti la mia egida, che quando lo stesso danno è inferto a me.
Un aspetto positivo c'è, il fatto di sentirmi controllata non mi crea fastidio.
Forse perché una parte di me stessa è supervigilante e fortemente autocritica.
Poi boh.. ma per me controllo è anche pianificazione e responsabilità.
Certe volte fa star male, ma bisogna pure considerare che alcune persone non sanno gestirsi.... e poi ti chiedono di risolvere i loro problemi, quindi meglio prepararsi prima.
@poke Sembri il mio riflesso...Giuro. Sembra di leggere me in te. Anche se io ancora vado nel pallone per gli imprevisti. Ricordo che la mia psicologa mi diceva di non usare la parola Noi con i miei o con il mio ragazzo. Dovevo dire Io o Loro. Non sono ancora riuscita a farlo... A volte è difficile, perché chi ha avuto una famiglia "normale" non capisce quello che provi. Non ci arriva...Credo che dovrò lavorare ancora a lungo su di me, per migliorarmi perché purtroppo on si può controllare ogni cosa. Il casino è che è durissima,
Il DOVERE mi ha invaso il cervello, prendendosi tutto. Io sentivo la responsabilità di ogni cosa. Era colpa mia per tutto e merito mio per niente.
Per il dovere toccava sempre a me
Per il piacere non toccava mai a me, toccava sempre a qualcun altro prima di me, altrimenti mi sentivo in colpa.
Il verbo VOLERE si è infuso in quelllo DOVERE.
per me voleva dire la stessa cosa usare l'espressione "io voglio" e "Io devo".
Quando poi, verso i 20 anni, ho incontrato qualcuno che mi ha fatto credere che con la volontà l'impegno e la determinazione si ottiene tutto, ho fatto un bel sillogismo: dovere=volere=potere....e il delirio di onnipotenza è appena dietro l'angolo dal quale mi sono svegliata 20 anni dopo.
Ho dovuto prendere tanti schiaffi dalla vita per capire che non è tutto in mio potere, che non si può arrivare a tutto. (Sono stati schiaffi educativi, Io li definisco davvero provvidenziali per avermi fatto tornare in me) ma c'era sempre un senso di colpa a far capolino che mi diceva che se non avevo previsto qualcosa era colpa mia perché non ero stata previdente quando invece avevo la responsabilità di quella tal cosa.
La matassa si sta dipanando solo con la psicoterapia, ma è dura perché è come imparare a fare gli equilibristi. Tenere in armonico equilibrio questi 3 verbi.
Io devo...fino a un certo punto
Io voglio...fino a un certo punto
Io posso...fino a un certo punto
Anch'io amo tenere "tutto" sotto controllo. Mia moglie me lo rimproverava sempre, ma io proprio non me ne rendevo conto: l'ho capito soltanto dopo essere stato diagnosticato. Adesso finalmente riesco a gestire la cosa un po' meglio di qualche anno fa.
Mi sono appena riletto 10 Strategie (per affrontare ansia) da utilizzare ed evitare. - Spazio Asperger ONLUS (1. il controllo eccessivo http://www.spazioasperger.it/index.php?q=articoli-divulgativi&f=328-10-strategie-per-affrontare-ansia-da-utilizzare-ed-evitare) per confrontare le strategie che ho escogitato in questi anni.
In generale, parlare (o scrivere qui sul Forum) con gli altri dei problemi è molto utile ad allergerirne il peso; come pure ho trovato utile provare a superare l'insicurezza studiando in modo sistematico e "scientifico" il modo risolvere i problemi, dopo aver ridotto un problema complesso ad una serie di problemi piccoli e gestibili separatamente. Dopo qualche tempo si finisce per conoscere tante piccole cose che fanno anche molto comodo per gestire gli imprevisti. Se poi ci si chiede quale sia lo stato dell'arte della soluzione dei problemi che sono capitati agli altri e che adesso capitano a noi, con le conoscenze e le osservazioni acquisite si finisce sempre per sentirsi la coscienza a posto!
La mia tendenza al controllo, tuttavia, si è espressa perlopiù in forme irrazionali, per non dire ossessive. Per anni ho avuto l'ossessione di controllo sull'ambiente (con un vero e proprio DOC) legandolo alla vita e alla salute delle persone a cui tenevo. Una forma di pensiero magico (negativo) per anni mi ha fatto pensare che mie banali azioni (o omissioni) potessero influenzare la vita altrui.
Diciamo che laddove razionalmente, dopo la prima adolescenza, avevo rifiutato l'idea cattolica di colpa e quella di dovere che superava ogni mia esigenza, queste sono riemerse in seguito in forme irrazionali, "magiche". È qualcosa con cui tuttora sto combattendo, di fatto.
Il pensiero magico è: "Se non chiudo quella porta con tre mandate, domani mia madre muore." Lo so, detta così sembra una cosa da psicopatici, ma ti assicuro che può rendere la vita molto difficile, specie laddove si lega al DOC. Voler controllare ossessivamente l'ambiente (anche allineando gli oggetti, chiudendo più volte le porte, sistemando precisamente tutto al suo posto, ecc.) e pensando (in modo totalmente irrazionale, e tuttavia irresistibile) che se non lo si fa, si sarà "puniti" in qualche modo, può diventare molto invalidante.
Nel mio caso, per un periodo, questo atteggiamento ossessivo compulsivo aveva invaso gran parte della mia vita. Col tempo, si è placato, pur senza sparire del tutto.
Solo che chi ha il DOC, probabilmente tende ad "inglobare" questa tendenza nel suo disturbo. Chi non lo ha, lo esprime in forme apparentemente più razionali.
Il DOC, nel mio caso, non è sparito quando sono morti i miei genitori, ma i rituali hanno semplicemente cambiato terminale. La "punizione" al mancato controllo dell'ambiente ora la immagino spesso rivolta verso di me, o a volte non la immagino proprio, ma sento comunque di dover portare a termine certi rituali.
Va detto che anni di psicoterapia mi hanno aiutato a razionalizzare questo disturbo e (pur senza farlo sparire) ne hanno limitato le derive più estreme ed invalidanti.
E vorrei prendermi un attimo per condividere con te un aspetto della tua vita.
Nella mia vita, io ho rinunciato a "tutto" - alla socialità, all'Univesità, agli studi, all'amicizia - per prendermi prima cura di mia madre (1999-2001) e poi di mio padre (2002-2004; 2005-2013).
Mi sono "annullato" completamente per loro. Ho abbandonato tutto. Rimanendo in casa, "controllando" come tu scrivi, ogni cosa. Non uscendo mai. Spegnendomi. Ossessionato, sempre, dal "fantasma" della loro Morte (poi, avvenuta, in realtà...).
Mi sono chiesto se ciò che provi sia, realmente, "mania di controllo". In un primo momento, mi sono detto di no. Mi sono detto: quando un Famigliare sta male, entra in gioco - in tantissime persone autistiche - una specie di "struttura mentale di Cura continua". Ci facciamo "dottori/infermieri/assistenti", ci annulliamo, diamo tutta la nostra vita per loro a ragione di un legame profondissimo che sentiamo vincolare il cuore.
Il termine che mi appariva più idoneo, allora, era un portmanteau: "Cura". Nel senso proprio giuridico di "curatore": persona che cura gli interessi di una persona che sta male, che è invalido, che non può accedere - per un periodo o per sempre - alla piena capacità d'agire. Dunque: una presenza necessaria, costante, viva, totale. Poi, dopo un attimo, però, il termine "cura" mi è apparso completamente inadeguato, incapace di cogliere il punto.
E la parola "controllo" è tornata.
Ciò che però è controllato non è ciò che sta accadendo.
Ciò che vogliamo controllare è la "Morte". C'è, voglio dirti, un legame profondo tra il comportamento di tua madre - la Depressione - e la Morte.
Fin da bambina - in parte a ragione del comportamento di tuo padre - tu sei stata accanto ad una madre che si è progressivamente "spenta". Che non si è sentita amata, che si è sentita s o l a. Sola perché tuo padre - per varie ragioni - l'ha tradita sessualmente con altre donne (e tua madre ne ha piena coscienza).
Ecco: tu vivi in una Famiglia che - se vuoi definire il problema - avrebbe un Dramma da mettere in scena e che non inizia mai.
Chiamiamolo: "Divorzio di una madre".
A seguito del comportamento di tuo padre, tua madre dovrebbe "divorziare", non dovrebbe assolutamente vivere con lui. Dovrebbe arrabbiarsi, scacciarlo di casa, dovrebbe odiarlo. Dovrebbe separarsi da lui. Dovrebbe spaccargli i piatti addosso, rovinarlo economicamente. Fargliela pagare. Farlo piangere. Dovrebbe bucargli le ruote della macchina, dovrebbe prenderlo a pugni. Metterlo a suolo. Non accettare alcuna scusa.
Pure: non è accaduto. E ora, dopo il suo ictus, molto probabilmente non accadrà.
C'è una cosa che è chiara, illuminata alla luce di questo mattino di Febbraio: tuo padre ha smesso di amare tua madre anni fa. L'ha tradita. Non scherziamo. Forse: non sa neanche cosa sia l'amore. Un concetto che, nel suo cervello, lui confonde con l'erotismo.
Tu lo sai.
Tu - forse a livello inconscio - sai che i tuoi genitori dovrebbero divorziare. E ora che scrivo, di getto, queste parole mi accorgo di non capire se, effettivamente, i tuoi genitori siano divorziati ma non importa... sto scrivendo di getto. Io penso che abitino ancora assieme. Non so perché.
Tu - con un forte profilo Asperger - cerchi di "prenderti cura" di loro. Tuo marito non può capire. Sa della tua delicata situazione di salute, non capisce perché tu soffra così tanto, perché tu non cerchi autonomia. Probabilmente, questa vicinanza assoluta è un legame che lui sente estraneo. E tu stessa - qualora ti soffermassi sull'effettiva realtà - probabilmente non capiresti questo suo sentimento. Ai tuoi occhi, sembra quasi che lui ti spinga ad "abbondare" i tuoi genitori.
Non capisci il punto.
Il punto è: il comportamento di tuo padre è stato ed è imperdonabile, lui ha "distrutto" la famiglia ma NON SE NE PRENDE CARICO e questa distruzione non è manifesta.
Ciò che stai difendendo è un SIMULACRO di famiglia.
Un'idea.
Qualcosaa che è FORZATO.
E che si regge COMPLETAMENTE sulla tua forza.
E' come se tu reggessi una QUINTA SCENOGRAFICA per mostrare al Mondo, alla tua Famiglia allargata, alla città in cui vivi, un'immagine di una famiglia.
Molto probabilmente, i tuoi famigliari (zii, cugini....) non hanno minimamente idea della GRAVITA' del comportamento di tuo padre. E ora che sta male, essi PRETENDONO che tu ti annulli completamente per quest'uomo.
E tu lo fai. Lo fai come l'ho fatto io, per anni, per mio padre.
[Per riservatezza: mio padre ha commesso molto errori...]
Pure: dopo il 2002 e poi sempre più progressivamente, mio padre divenne invalido gravissimo.
Cancro alla prostata, una gravissima BPCO, paresi agli arti inferiori.
Quindi: sarebbe stato possibile dire a tutti come si comportò mio padre...
Come si può abbandonare un Padre che si è comportato così male ora che è disabile? Ti dico la mia esperienza personale. Io non ho detto niente a nessuno e questa è la prima volta che ne parlo pubblicamente ed E' LIBERATORIO.
§
Tu hai un problema.
Il problema è ANCHE questo aspetto che ti indico.
Ma NON C'E' una soluzione. Pure: vedilo. Vedilo: ci sono tantissime persone - come me - che hanno vissuto la tua stessa identica situazione di vita.
Se osservi però il problema, SE NE PARLI, con il tempo, subentra nel tuo cuore una progressiva PACE. Ti acquieti. Qualcosa cambia. INFRANGI UN TABOO così come ho fatto io, oggi.
§
Nei fatti, tua madre e tuo padre non divorzieranno.
E tuo padre non andrà via dalla casa famigliare.
Pure: non c'è - in verità - perdono per ciò che ha fatto.
Tento di spiegarmi: NON SI PUO' PERDONARE. Nel momento in cui tu o tua madre lo faceste, abdichereste alla vostra DIGNITA'.
Io, ad un certo punto, sono crollato. E ho messo una distanza sia fisica che emotiva verso mio padre. Non ce la facevo più a stare in una casa con lui. Sarei imploso e mi sarei ammazzato.
§
Tu stai resistendo.
Non giudicare, non ti permette di vivere.
Non giudicarlo, non ti permette di iniziare la tua vita.
Non puoi parlarne alla tua famiglia. Ti odierebbero. O magari non faresti altro che dire una cosa che SANNO GIA' TUTTI.
La Famiglia - se i genitori sono SCORRETTI TRA DI LORO - diventa una prigione. E tu ci sei dentro. Forse, non lo sai: ma tu non sei l'Infermiera di tuo padre, la sua assistente o il suo Medico.
Ciò che stai facendo è stare accanto ad un uomo Narcisista che ha fatto soffrire tua madre l'ha spinta alla Depressione e che - di riflesso - ha immobilizzato la tua vita (per non dimenticare che anche tu hai una delicatissima condizione di salute).
Tuo padre non dovrebbe abitare con tua madre. E tua madre dovrebbe URLARE ciò che prova.
Ma non sta accadendo.
Ciò che accade è tu sei in un teatro di cui si vede solo la Scenografia e su cui il Dramma non è iniziato e non può, oggi, iniziare.
E tu soffri.
§
Soffri al punto in cui i legami sociali - ma è accaduto la stessa cosa anche a me - ti sono impossibili.
Asperger di nascita, cresciuta accando ad un padre narcisista e impossibile.
§
Non stai sbagliando nulla.
Così come io mi sono sempre preso cura di mio padre fino alla sua morte, così lo farai anche tu.
Pure: prenditi il tempo per URLARE, scrivendo o nella realtà, la verità.
Sfogati.
§
E prendi sempre tempo per te.
MI raccomando.
Difendi il tuo spazio. Proteggilo.
Crea compartimenti stagni.
Fa che casa tua sia il RIFUGIO, l'EDEN a cui tornare.
§
Un abbraccio... resisti.
di cosa avete trattato nello specifico?
a me vengono in mente tre aspetti (ma prendi il tutto con le dovute riserve)
- l'attaccamento verso i tuoi genitori per quello che rappresenta per te il nucleo originale in cui sei nata e cresciuta. è semplicemente una forma affettiva ma che può anche avere aspetti d'insicurezza, soprattutto se rappresentano per te figure guida (significa che hanno sempre risolto le tue insicurezze dandoti indicazioni pratiche oppure indirizzandoti concretamante verso obiettivi come lo studio, il lavoro ecc.)
il sentimento della possibile perdita delle figue guida spinge fortemente nell'attaccamento.
allora si deve lavorare verso una maggiore autostima, perché comunque i genitori si perderanno nonostante qualsiasi pensiero si metta in atto
- poi possono esserci da parte dei tuoi genitori forme di "ricatto" affettivo. un modo egoistico (anche involontario) di legare i propri figli a se stessi facendogli sentire il peso del divenire progressivamente meno autosufficienti. ecco allora le continue richieste di aiuto (fammi questo, da sola non posso farlo, sto sempre male ecc.)
un figlio - soprattutto Asperger - ovviamente si sente responsabilizzato, perché se non li supporti poi arrivano i sensi di colpa.
però questo meccanismo va riportato ad un equilibrio che metta da un lato il tuo naturale desiderio di dare aiuto, e dall'altro lato minore pressione psicologica
- il terzo pensiero che mi è venuto in mente leggendoti è più complesso e richiama anche quanto scritto da @Marco75. si chiama "depressione anancastica" .
è una condizione che si avvicina al DOC pur non avendone la costanza, perché deve presentarsi episodicamente.
ad esempio non c'è l'ossessione di pensieri rituali quotidiani (tipo controllarare due/tre volte se si è chiuso il gas) ma solo per determinati eventi.
di cosa si tratta: è una forma di depressione che viene per così dire mascherata dal disturbo ossessivo-compulsivo. cioè un disturbo dell'umore come potrebbe essere la depressione (i cui motivi devono essere quelli da indagare) si accompagna a tensione, angoscia ed a idee ossessive.
serve però come presupposto una personalità già rigida oppure ossessiva.
il comportamento ripetitivo o l'azione mentale ripetitiva, hanno lo scopo di opporsi in maniera scaramantica, fantastica, agli effetti del pensiero originante ossessivo (ad esempio quello della caduta dei tuoi genitori), nel tentativo di prevenirne o ridurre il disagio che questi pensieri ti provocano, attuando dei "cerimoniali" di difesa (controllare se è tutto ok, fare scongiuri ecc.)
comunque sono solo mie speculazioni, s'intende.
@riot la psicologa l'ho vista anni fa, ho condotto circa tre anni di terapia. In realtà all'inizio era un solo e semplice sfogo, parlando di cose che tenevo solo mie e stavo bene, poi è andata peggio. Mi sono staccata da quella donna sentendo quasi il rifiuto di parlare ad un'estranea che stava giudicando me e la mia famiglia nello specifico mio padre. Abbiamo fatto regressioni ma non sono riuscita ad andare in fondo e ho finto, finto ancora come faccio con tutti e il bello è che ancora una volta lei ci è caduta. Ha pensato che fosse stata lei a farmi stare meglio, penso che abbia pensato questo ma non era così. Lei mi ha solo detto che i miei sensi di colpa sono causati da mio padre che non c'era mai e quando c'era era capace solo a denigrare me e le mie azioni. Non aveva torto ma non capiva tutto, Non mi ha mai capita sino in fondo. Così è stato con la psichiatra di mia madre che io ho mandato al diavolo dopo solo una chiacchierata. A dispetto del mio aspetto da donna gentile non lo sono un granché lo ammetto.
Comunque è di questo che abbiamo parlato della famiglia, della vita a-sociale che mi piace condurre, ma non siamo arrivati troppo oltre, Credimi forse non era un granché come psicologa o forse non era quella giusta. Sto pensando seriamente di farmi aiutare, ma molte volte mi sono tirata fuori dai guai per conto mio e mi è dura chiedere aiuto.
@Pavely Lo sai che ho paura degli occhi delle persone? Da sempre. Mio padre mi costringeva a fissare i suoi occhi così da costringermi ad affrontare l'avversario come lo definiva lui. Spostare lo sguardo è da codardi. E' vero, ora io giudico il prossimo dagli occhi. Gli occhi mi dicono tutto di chi ho di fronte ma è stato traumatico per me e ancora a volte lo è.
Non è stato un genitore meraviglioso e quello che scrivi 'di getto' come lo definisci tu è tutto vero. I miei stanno ancora insieme e mia madre ha sepolto tutte le ferite nel suo animo, Non si rivolge a lui che con disprezzo e un po' la capisco.
Sino ai miei diciotto anni non parlavo con mio padre, poi un giorno mi sono decisa, Ho detto: devo provare a dargli l'occasione e sono andata nel suo studio parlandogli apertamente. Lui ne è stato felice e ora parliamo anche troppo. Nel senso che lui mi racconta tutto, ogni cosa, Cose che non vorrei nemmeno sapere perché ci sono cose che i genitori non devono dire. Un giorno ho preso entrambi e chiesto loro perché non si fossero lasciati! Insomma se stai male con qualcuno perché non lasciarsi? Gli ho impedito di dire l'avevano fatto per me perché restare insieme per i figli è una cazzata. Io sono stata malissimo a vedere i miei litigare per una vita! Non c'era giorno, o ora in cui non lo facessero.
Ho tentato per due volte di saltare di sotto e finirla, perché non ne potevo più, a dodici anni volevo andarmene e a quindici ci ho provato e se non era che il mio ragazzo di allora aveva una buona presa non ero qui a parlarne ora. ( questo ovviamente non succederebbe più perché ho capito che non è così che posso risolvere la cosa, Non lo farei più perché ora per me IO sono importante).
Loro non hanno mai saputo nulla, né di questo, né del bullismo a scuola, o meglio di me che mi infilavo nei casini perché maschiaccio come sono mi picchiavo con i bulli della scuola per difendere una povera mia compagna presa di mira. Non hanno mai saputo niente,
Ho imparato a costruire una bella maschera che metto sempre quando sono costretta ad affrontare gli altri e tutti, genitori compresi, ci cadono. Quando sono sola, nei miei romanzi, nei miei scritti, quella che scrive è la vera me ma in pochi la conoscono e forse è meglio così, perché sono dura e fredda come il marmo. Forse cerco così disperatamente di darmi una giustificazione psicologica di questo con qualche patologia perché se così non fosse non avrei alibi per questa mia freddezza. Questo è quanto. Lo so, mi sono dilungata ma questo è solo una bozza di quello che è stata la mia esperienza e solo ora che rileggo mi accorgo di quanti strascichi abbi lasciato in me,
Ci sono cose che sono sempre state mie solo mie e ora mi trovo a scriverle a estranei. Forse perché scrivere é facile, parlare lo é meno. Di solito quando racconto alcune cose di me la gente mi fissa con quella faccia penosa che odio e detesto, perché sono certa che non gli importi molto di me. Lo devono fare perché quando uno sta male tu DEVI fare quell'espressione mostrando compassione. Non é cosi che funziona?
Comunque grazie perché sei acuta e precisa, perché arrivi dove altri non arrivano. Cosi come gli altri commenti acuti e precisi. Avete detto cose che nessuno mi ha mai detto.Se gli Asperger sono questo allora dovrebbero essercene di più XD
1: "Nel senso che lui mi racconta tutto, ogni cosa, Cose che non vorrei
nemmeno sapere perché ci sono cose che i genitori non devono dire."
2: "...mi picchiavo con i bulli della scuola per difendere una povera mia compagna presa di mira.".
§
Essere su di un Forum significa prendere un impegno ad aprirsi, a raccontarsi, a descrivere alcuni aspetti della propria vita. Per tentare di capire, per conoscere le ragioni di una differenza, @Arimi , per scoprire, assieme, un percorso per stare meglio.
Riguardo la prima frase che hai scritto: mio padre si comportava (è venuto a mancare l'anno scorso) nello stesso modo. Mi raccontava, per esempio, di come avesse tradito mia madre. Osserva: io, Paolo, autistico, estremamente introverso, una persona che non usciva mai, senza alcuna relazione sociale, solo, che ascoltava un padre raccontare come si fosse "divertito". Lo raccontava in un modo tale come se io dovessi "ammirarlo" per ciò che aveva fatto. Come se lui fosse stato un "vincente" a comportarsi in questo modo, come se fosse stato più "uomo" (in verità, un uomo che tradisce una compagna è un vile. E' la massima espressione della viltà. E nel mio sistema di pensiero, un tradimento tale non deve essere perdonato. Mai.).
Di solito, in quei momenti, che ora classifico come violenza (non ci sono altri termini) e pura espressione di una sua follia, guardavo la televisione cercando di non ascoltarlo; facendo sorrisi di circostanza. Non conoscevo D. Non potevo andare da nessuna parte. Non ero autonomo (se è per questo, non lo sono neanche tutt'ora...). Ricordo con rabbia quei giorni. Ricordo come - in modo analogo a ciò che hai sentito nel cuore - io volessi morire. Ed è reale: non sarebbe importato nulla a nessuno. Così come una stagione fredda può far morire gli aranci, così la mia vita si sentiva arida, stava morendo. Aspettavo il sole, la Primavera. Aspetttavo bellezza, cultura. Aspettavo qualcosa di diverso che, naturalmente, non è mai arrivato finché sono rimasto a Roma.
Non potevo neanche aggredire mio padre a parole, non potevo alzare la voce, non potevo neanche arrabbiarmi veramente, sfogare le mie emozioni: mio padre, da anni, era disabile. Disabile molto grave, dico. Quindi: si sentiva in diritto di fare tutto. E qualora io mi fossi messo nella condizione di essere autonomo, di cercare una mia strada, lui mi avrebbe fatto sentire in colpa. Come se io scegliessi di abbandonarlo. Comunque: lo ha fatto. Sia chiaro. MI ha fatto sentire in colpa decine di volte. Anche per cose stupidissime. Come prendermi un pomeriggio per me. Per non parlare poi di tanto altro che preferisco qui tacere.
§
Riguardo la seconda frase, come te, io mi sono sempre sentito vicino ai Beatiful losers.
Un giorno sono stato sospeso per 3 giorni - quarto superiore - perché ho difeso un compagno di classe neofascista.
Bisogna premettere che chiunque mi avesse visto da adolescente avrebbe indubbiamente pensato che io fossi neofascista. Indossavo sempre Jeans neri, ascoltavo Massimo Morello, Leo Valeriano. Vestirmi così, mi dava la possibilità di isolarmi. Era un'espressione di me, del mio disagio.
D., la mia compagna, vedendo una mia foto del tempo mi ha descritto come uno psicopatico, avevo il viso da maniaco omicida. E va bene così. E' una stagione passata. Oggi, ho elevato Dolcezza a cardine della mia stessa vita. E tento di essere la persona che ho sempre voluto essere, sempre con maggiore forza, sempre con maggiore volontà.
Pur non essendo tecnicamente neofascista, ti dicevo, io difesi questo compagno di classe. Un giorno, la professoressa di Italiano venne in classe e cominciò ad aggredirlo. A dire quanto fosse idiota il fascismo, quanto fossero miseri i ragazzi che sceglievano la destra. Quanto fosse stupido anche solo pensare che durante il fascismo fosse esistito qualcosa di significativo. Ciò che vedevo era una Docente che aggrediva un ragazzo per le sue idee.
MI sono alzato.
E - tranquillamente - le dissi che il suo comportamento era sbagliato.
Lei si arrabbiò a morte. Mi denunciò davanti alla Preside. Io rimasi sempre tranquillo. Fui sospeso, come ti dicevo, per 3 giorni.
Ti giuro: non me ne fregò nulla. Tornai a scuola. I rapporti rimasero tesissimi. Alla fine dell'anno, mi mise 6. La pura sufficienza. Per vendetta.
Non feci, ancora una volta, nulla. La sua rabbia era, per me, uno spettacolo misterioso. La osservavo. Non riusciva a ferirmi fino ad uccidermi o a rovinarmi.
Fece di tutto. Parlò male di me agli altri professori, mi calunniò. Spinse la professoressa di Tecnica aziendale a mettermi sei. Sorrido. Ripenso alla reazione di quest'ultima quando le feci notare che a tutti gli scritti mi aveva messo 9. Li, mi promise di ridarmi i voti tolti nel secondo semestre. (Lo fece).
Ecco: difendere le persone che vengono aggredite per le loro idee.
§
Non giudico nessuno.
L'unica cosa che non posso tollerare (e sono poche le cose che non tollerano) è quando una persona ne aggredisce un'altra per ciò che pensa. Anche se quest'ultima è in errore.
In me, c'è una forza irresistibile che mi spinge a difendere chi viene aggredito.
Questa forza la rivedo in te.
Ma - in genere - io la vedo in tuttti gli Asperger.
Essere Asperger, significa - ai miei occhi - avere un codice morale molto elevato, rifiutare a priori tutti i compromessi sui quali si basa la socialità umana, evitare di fare gruppo, essere giudici imparziali. Agire. Essere proattivi per difendere gli altri.
E la cosa assurda è che gli Asperger - ora che ci penso - non difendono mai sé stessi.
Tu, @Arimi, ci hai preso le botte a ragione del tuo comportamento. Io sono stato sospeso 3 giorni.
Siamo fatti così.
§
Volevo anche dirti che contrariamente a quanto scrive @Wendy tra le righe delle tue parole io vedo freddezza.
Una freddezza legata al fatto che tu PROTEGGI la tua famiglia e PROTEGGI chi vuoi bene. E, pure, in te, c'è un rapporto particolare con la Paura e la Violenza.
Non ne hai timore.
Assolutamente.
Non avere paura di questi temi - ciò che provi, per me, davanti a queste sensazioni è solo un prevalente senso di fastidio - ti contraddistingue.
E questi legami entrano anche nelle relazioni intime. In ciò che ti lega agli altri. E' come se tu - ai miei occhi - fossi "sorda" alla violenza. Pure: fortemente etica, laddove tu ti trovassi davanti ad un ingiustizia, agiresti in modo attivo.
Sembri non ascoltare. Pure: hai tantissimo da dire.
§
In genere, alla mia età, ho imparato che è sempre bene la regola dell'ascolto.
Pure: ci sono persone che dovrebbero parlare ed esporre la propria visione del mondo e che dovrebbero essere ascoltate.
E tra queste ci sei tu.
Tu.
Ti dico questo: io sono profondamente convinto che tu abbia tantissimo da dire.
E' un po' come @iie e alcuni utenti qui. Quando esprimi un concetto - pur nel tuo particolarissimo modo - esprimi qualcosa di straordinariamente profondo.
E le tue parole vanno fatte sedimentare.
Sento questo: di solito quando scrivi, hai ragione.
Hai una ragione pura.
E una sincerità e una capacità di autoanalizzarti spietata.
E sono qualità che adoro.
§
Non sono complimenti.
E' un mio modo per dirti quanto sia importante, per me, che tu resista.
Che tu tenga duro.
Che inizi il TUO percorso.
Che tu riceva supporto in questo viaggio alla scoperta di te stessa.
§
Massimo rispetto per te, @Arimi.
Combattti.
Non mollare mai.
@Pavely sei strano. XD Strano in senso buono. Hai la capacità di mettere a proprio agio le persone...almeno online. Non so come tu sia nella tua vita. Da quando sono entrata qui, nel forum, leggo e rileggo i commenti per cercare di capire al meglio cosa mi viene detto. Ci sono gli osservatori, gli sfidanti e i consiglieri. Sembri non ascoltare, hai detto, ma in che senso? Intendi ciò che ti vene detto o le tue sensazioni? Normalmente ascolto, molto, entrambe le cose ma se devo essere sincera sono una donna piuttosto orgogliosa e lo ammetto, la verità fa male e ciò che sento come fastidioso lo escludo. Mi chiudo a riccio o mostro il lato duro perché è più comodo. Per fortuna poi ci rifletto e ammetto ciò che sbaglio, anche se è davvero difficile.
Violenza...La violenza è in me un sistema istintivo sia verbale che fisico. L'ho usata e la uso anche se non so bene come controllarla. La violenza fisica l'ho usata anche in situazioni pericolose ma senza sapermi difendere. Per esempio sull'autobus quando qualcuno (uomini in genere -_-") non mi sta lontano. Odio essere toccata, odio le persone addosso. prima parlo, poi agisco. Però, come ovvio, visto che non sono Bruce Lee le prendo e le do. Non ho paura al momento. Agisco e basta. Poi a mente fredda se ci ripenso mi dico che dovrei evitare di comportarmi in questo modo ma lì per lì non riesco. Di solito le persone non se lo aspettano da me.
La violenza verbale è una cosa che uso poche volte. Accade quando sono esasperata o quando le persone mi fanno pressioni. Quando valicano i miei limiti. Lo so sembro svitata e giuro che se leggessi queste righe senza conoscermi lo penserei!
Io mi amo per quella che sono bizzarrie comprese, ma semplicemente vorrei trovare un equilibrio perché non viviamo nel Sahara e con il prossimo ci dobbiamo scontrare sempre.
La tua esperienza con tuo padre è davvero somigliante alla mia e capisco quanti strascichi può aver lasciato in te. A volte i genitori pare davvero non capiscano che le loro azioni e parole hanno un peso sui loro figli. Pensano che solo perché sei un bambino o un adolescente la tua mente pensi alle cazzate e non si renda conto di quello che le accade intorno ma non è così. Tutto ha un peso...
Tuttavia se posso darti un mio personale consiglio e giuro che vuole solo essere tale senza giudizi di sorta, non basarti solo su D. per essere felice. Io personalmente sto provando a cercare risposte alle mie domande e a 'crescere' perché con o senza mio marito io voglio esistere e non sopravvivere. A volte è dura, penso sempre che senza di lui non riuscirei nemmeno a respirare, penso alla sua mano nella mia per sempre ma mi sono ripromessa di amarmi e accettarmi e così sto cercando di fare. La stessa cosa per quanto sembri assolutamente impossibile dovresti, a mio parere fare tu. Hai una bella anima, e una bella luce. Riesci a muovere il cuore di chi legge quello che scrivi. Quindi dovresti amarti di più. Tu ami D. ed è bellissimo. Vi auguro di essere sempre felici e uniti, ma dovresti amare anche te stesso, sempre anche quando D. è via. Io sto provando a farlo.
Ho deciso di realizzare un sogno quest'anno. Pubblicherò un libro. Il romanzo a cui ho tanto lavorato. Non so se qualcuno lo acquisterà, o se piacerà e mi spavento solo all'idea di buttarmi ma è il mio modo personale per dirmi che anche io, che mio marito ci sia o no, valgo qualcosa. Che non sono solo quella bambina sola e chiusa che sono sempre stata. Ora è arrivato il mio momento e vada come vada.
Un abbraccio e sappi che io non ho mai smesso di combattere solo che a volte lo faccio per le cause sbagliate. Ma stavolta combatto per me.
Mi sa che qui ci sono molti guerrieri.