Uscire in piena notte

Mi piace interloquire con voi e volevo condividere una mia cosa.
Esco spesso in piena notte, tanto come esco arrivano i gatti che non dormono mai, faccio qualche passo, osservo le stelle, di solito c'è un po' di vento, sono nella natura/collina, quindi silenzio, poche luci, le stelle si vedono.
Sempre le stesse stelle leggermente spostate per il variare delle stagioni.
Mi vorrei/mi proietto su stelle lontane, un pianeta tra le stelle delle Pleiadi, esisterebbe una notte li?
O tutto oltre il conosciuto e umanamente visibile.
Riesco a figurarmelo nella mente, i sistemi binari che dicono siano la norma, due soli, noi solo uno ne abbiamo.
Probabilmente per convenienza, due soli contrapposti non ci spettavano.
Il contratto diceva "sole uno e tenere bene il pianeta..."
É un vuotare i pensieri, farli vagare in cose obiettivamente e totalmente inutili, senza senso.
Pensare a cose senza senso -visto quanto elaboro- è distogliere dal mio costante loop che è il mio essere.
Non metto in dubbio che ci sia un altro essere senziente li fuori che osserva il suo cielo notturno e pensa le stesse cose riferendosi a me quaggiù.
Magari deve distrarsi pure lui, staccare un attimo dal tornare al suo onnipresente presente.
A voi capita di cercare uno stacco dal normale percepire la realtà che ci circonda? ciò che immagino mi si figura nella mente, non mi crea difficoltà farlo, ma una simile immaginazione esclude qualsiasi altro processo in atto, ma poi comunque qui torno...
Esco spesso in piena notte, tanto come esco arrivano i gatti che non dormono mai, faccio qualche passo, osservo le stelle, di solito c'è un po' di vento, sono nella natura/collina, quindi silenzio, poche luci, le stelle si vedono.
Sempre le stesse stelle leggermente spostate per il variare delle stagioni.
Mi vorrei/mi proietto su stelle lontane, un pianeta tra le stelle delle Pleiadi, esisterebbe una notte li?
O tutto oltre il conosciuto e umanamente visibile.
Riesco a figurarmelo nella mente, i sistemi binari che dicono siano la norma, due soli, noi solo uno ne abbiamo.
Probabilmente per convenienza, due soli contrapposti non ci spettavano.
Il contratto diceva "sole uno e tenere bene il pianeta..."
É un vuotare i pensieri, farli vagare in cose obiettivamente e totalmente inutili, senza senso.
Pensare a cose senza senso -visto quanto elaboro- è distogliere dal mio costante loop che è il mio essere.
Non metto in dubbio che ci sia un altro essere senziente li fuori che osserva il suo cielo notturno e pensa le stesse cose riferendosi a me quaggiù.
Magari deve distrarsi pure lui, staccare un attimo dal tornare al suo onnipresente presente.
A voi capita di cercare uno stacco dal normale percepire la realtà che ci circonda? ciò che immagino mi si figura nella mente, non mi crea difficoltà farlo, ma una simile immaginazione esclude qualsiasi altro processo in atto, ma poi comunque qui torno...
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Commenti
Mentre camminavo facevo 3 tipi di pensieri:
1 - programmare obiettivi
2 - immaginare persecuzioni contro di me
3 - immaginare di essere l'eroe che salva qualcuno da una rapina o cose simili
Il cervello mi si scollega completamente dal corpo quando succede, sono in un altra dimensione, arrivo a destinazione senza sapere chi ha camminato o guidato per kilometri.
Adesso vivo in campagna, la solitudine (famiglia a parte) è il mio regno. Ma ancora non basta, ho bisogno di andare a camminare da solo, un paio di volte a settimana, e perdermi per ore nei boschi.
Niente è più bello che fissare un ruscello stando seduto su una pietra. Brividi lungo la schiena e testa leggera. E' come se ci entrassi dentro.
Le stelle mi affascinano tantissimo, ma mi terrorizzano in egual misura. Se le guardo troppo comincio a sentirmi piccolissimo e scompaio.
Io ora sento i grilli fuori, se esco ho quasi tutto buio, le luci della città sono lontane e se faccio una camminata mi ritrovo nei boschi e in stradine quasi isolate.
In lontananza, salendo, appaiono le luci delle città, ma rimangono lontane, il frastuono non c'è.
In effetti in una parte c'è un ruscello, il mio ideale di vita sarebbe abitare accanto ad un fiume, è una cosa che ho da sempre, sentire l'acqua scorrere è magico, una cascata ancora meglio perchè sovrasta ogni rumore.
Quando esco di notte comunque devo avere con me una torcia e una lama, non ridete, se sento passi nel bosco di norma son caprioli, ma se ci fosse altro?
Un giorno stavo camminando, il pomeriggio, vedo in mezzo alla strada un serpente che era di oltre un metro, si stava avvicinando un trattore che lavorava le vigne.
Ho intimato al conducente di fermarsi perchè avrebbe schiacciato più che volentieri il serpente, appena il serpente s'è tolto dalla strada mi sono tolto anch'io.
Era un giorno che ero particolarmente incazzato, salvare quel serpente mi è servito.
Al momento sto in campagna ma purtroppo sento il rumore delle auto, ci ho messo mesi per abituarmi a non sentirle più. Ogni tanto penso di voler vendere e comprare ancora più lontano, ma per vari motivi non sarebbe facile, forse è meglio accontentarsi di ciò che ho ottenuto, per adesso.
Se è un rumore lontano probabilmente tra un po' non lo avvertirai più, se invece ogni 10 minuti un auto ti passa accanto casa, rompe.
Il mare non mi dice nulla, non mi affascina, ma un fiume è un altra cosa, rilassante, è una cosa che ho sempre avuto, mi piace e basta.
Ora studio e lavoro in Germania, purtroppo ho molti più stress e sempre qualche stimolo fastidioso intorno, ma ho un altro modo per staccare, anche quando circondato da persone: pensare in italiano. Non ho amici italiani qui, quindi per me è diventata la lingua della mia coscienza, un comfort in cui rifugiarmi quando non voglio o non posso più sentire i discorsi di chi mi sta intorno.
Forse a te serviva per un periodo, se ora ci stai male è giusto che cambi.
Sto pensando che amerei anche vivere in un bunker o sull'isoletta del faro, o in quelle baite tra i boschi sperduti, so bene delle storie che portano la gente alla pazzia, ma io son proprio diverso... ovvio, terrei la connessione internet
Una sera, avevo 14 anni, convinco i miei a lasciarmi uscire a fare una passeggiata. Da un anno ormai, purtroppo, avevano completamente distrutto gli ulivi, per iniziare a costruire l'ennesimo quartiere dormitorio, con palazzi enormi, brutti persino nei colori.
Ma quello scempio dei miei amatissimi alberi mi dava almeno la possibilità di andare in cima alla collina.
La collina abitava da qualche anno le mie fantasie. La cima della collina, in particolare. Arbusti, cespugli, alberi e una radura dominavano la città, che si posava come una ragnatela rotta di luci tra la costa e le vallate. Mi ricordava il film ET-L'extraterrestre; avrebbero benissimo potuto girarlo lì. E proprio questa era la mia fantasia, con un lieve ritocco nel cast. Invece di Henry Thomas nella parte di Elliott, io nella parte di me stesso. Ma fantasticavo anche di essere nella parte di ET, alieno lontano da casa, rimasto per errore sul pianeta sbagliato. Per questo volevo raggiungerla. Era il palcoscenico delle mie fantasie. Il nuovo quartiere, ancora un immenso cantiere, prevedeva la costruzione di una strada sino in cima alla collina. La strada c'era, anche se non asfaltata. Ma tra me e la cima della collina c'era il cancello che chiudeva il cantiere. Da un lato però si apriva un pertugio sufficiente a far passare una persona. Tutto era immerso nel buio, illuminato appena da una Luna piena bellissima e preziosa. I grandi palazzi, ancora scheletri, sembravano il set di un film catastrofico. Avevo un po' paura.
Non era un periodo facile per me. Tre anni prima avevo iniziato a progettare suicidi, e non avevo più smesso. Incomprensione, solitudine, un'infanzia passata a prendere botte e sentirmi dire da mia madre che ero matto, mi avevano gettato in braccio alla depressione a 8 anni. Ora la mia mente reagiva allontanandosi sempre di più da tutto il mondo degli uomini.
Quella sera, su quella radura, sopra la ragnatela di luci della città, sotto l'abisso dell'Universo, circondato di Cosmo, dall'albero più vicino alla galassia più lontana, la mia mente fece uno scatto. Dentro. Un intero blocco delle mie fantasie divennero realtà. Non riesco a raccontare i dettagli. Semplicemente divenne reale. Qualcuno avrebbe detto che avevo perso contatto con la realtà. Tecnicamente si. La psichiatra, quando le ho raccontato l'episodio nei dettagli, mi ha spiegato che si è trattato di un attacco psicotico acuto. Un modo di reagire estremo a una situazione estrema. Non so dire quanto sia durato. Non ne ho la più pallida idea. Secondo il mio psicologo per certi aspetti è peggio dei precedenti progetti suicidi, perché il dolore era andato oltre la possibilità di gestire lucidamente la situazione.
Quella sera sono tornato a casa euforico, leggero. Soprattutto interiormente lontano.
Di tutte le mie passeggiate notturne è una di quelle che mi ha segnato di più in assoluto.