Preoccupazione

in Aspie Teens
Buona sera a tutti, dopo l'ennesima discussione con mia figlia dodicenne mi sento triste, in colpa e senza speranza. Mia figlia ha sempre avuto problemi di socialità ma comunque qualche amicizia l'aveva, usciva e faceva videochiamate, usava con moderazione anche i social. Con il passare del tempo, forse per prese in giro o altre esperienze che si guarda bene di raccontare ha iniziato in modo sottile ad eliminare poco alla volta qualunque cosa. Non esce più se non con noi genitori e comunque non vuole frequentare posti di aggregazione nel ns paese, ma vuole andare in città dove non conosce nessuno. Ha tolto i social dal telefono perché dice che le mettevano ansia, guarda solo you tube ma non commenta né socializza con essi Ai messaggi whattsapp ha smesso di rispondere e non le scrive più nessuno. Va solo a scuola dove a ricreazione sta sola perché dice che tanto dura poco e non ha tempo di fare nulla. Nessuno la cerca e lei non cerca nessuno. Se le propongo di invitare qualcuno alza la voce dicendo che non vuole che nessuno veda casa sua e le sue cose. Io non so più cosa fare, lei sempre chiusa in casa e di conseguenza anche io e mio marito che già fatichiamo ad andare d'accordo e così ancora peggio. Provo a parlarle a proporre cose idee per stare con gli altri ma lei si altera, alza la voce, dice che la faccio stare peggio. Ed io poi sto male perché lo capisco, ma non riesco nemmeno ad accettare che tutto rimanga così e a sperare che migliori da sola. Purtroppo ho l'esempio di mio fratello che a 50 anni è sempre solo, non lavora da tanti anni, non ha amici né mai avuto una compagna/o. Una vita passata da solo in casa e so che non è felice ma nonostante questo niente e nessuno è mai riuscito a smuoverlo. Mia figlia è ancora piccola e vorrei spezzare questa catena. Ma non so come farlo. Devo forzare? Ma in che modo? La porto una volta a settimana a terapia di gruppo con una psicologa , spero che con loro si sblocchi con quei ragazzi ma finora si vedono quell'ora e non ci sono seguiti... mi sento così sola e disperata. Se qualche mamma c'è passata, se qualche figlia è cresciuta, insomma se qualcuno ha vissuto quello di cui ho scritto mi volesse lasciare la sua testimonianza, allora forse potrei sentirmi un pochino meglio...grazie
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Commenti
Questo non penso si possa facilmente ottenere col gruppo di terapia, e meno che mai devi forzarla.
Parlatene senza farla sentire in colpa o incapace.
Io direi di cominciare da lì.
Tua figlia è giovane, avrà tempo di trovare amicizie e fare esperienze.
Ma se la situazione in casa non è delle migliori, lei potrebbe voler passare del tempo in casa per controllarvi, e allo stesso tempo potrebbe aver tagliato ogni relazione perché non riesce a dargli valore.
I figli imparano le relazioni dai genitori, e vedere voi che non andate d'accordo potrebbe essere per lei una perdita di valori verso i legami con gli altri.
Queste sono mie supposizioni, quindi prendile con le pinze, ma sicuramente vedere che i genitori vanno d'accordo e superano le avversità e creano una famiglia coesa e amorevole è un grande aiuto.
Forzare tua figlia alla compagnia o farle troppi discorsi può essere deleterio, dalle il suo spazio e il suo tempo.
Mia figlia ha 19 anni e non esce praticamente mai ......su insistenza esce tipo una sera ogni mese e mezzo/due mesi ......prima di uscire si logora e rompe le scatole a tutti poi però torna contenta..... questo gruppo di ragazzi non la chiama mai ma se lei scrive x uscire le dicono di sì , questa estate doveva andare aviateggio con loro poi non ci è andata per paranoie inesistenti
Io per un anno non le ho detto niente.....manco mezza frase ed è stata fissa in casa senza mai uscire tranne la scuola ......
Sbaglia chi ti dice lascia stare lo farà quando si sente....si rischia di abituarla alla solitudine cronica .....
Non bisogna nemmeno forzare troppo ma insistere un po' si va fatto......tua figlia è giovanissima quindi non ci saranno problemi ma ti prego non lasciare perdere troppo cerca di trovarle stimoli o occasioni sociali.....
Spero tanto si risolverà ha solo 12 anni, già per mia figlia a 19 anni sarà più dura
La figlia/figlio in questione non va lasciata perdere, ma forzare la mano coi soliti discorsi mi sembra possa avere l'effetto opposto. Poi dipende molto da come ci si pone...
Che non bisogna dare importanza a nessuno mi sembra eccessivo. Forse sarebbe meglio imparare a non soffrire così tanto le perdite...
La vita è così, ci si incontra e ci si separa, ma nel frattempo abbiamo ottenuto tante belle esperienze ed emozioni.
Qualche relazione va meglio, altre peggio.
Se non dessi importanza a nessuno non avresti scritto quel messaggio.
Ti do ragione sulla prima parte. Siamo egoisti.
Ma per come la vedo io ci sono due modi di essere egoisti: il primo è sbattendosene di tutto, in quanto non te ne frega niente se gli altri soffrono; il secondo è badando a come stanno gli altri o per lo meno le persone per te importanti, perché provi empatia nei loro confronti e soffri se stanno male e gioisci se stanno bene.
Personalmente cerco e spero di appartenere alla seconda tipologia, almeno il più delle volte.
Che l'autismo sia un'evoluzione è la più grande bugia che ci possiamo raccontare, per molti motivi.
Tralasciando il significato del termine evoluzione in senso antropologico, e concentrandoci sull'empatia degli autistici, ti rimando in ogni caso a questo e-book https://www.spazioasperger.it/lo-spettro-autistico-risposte-semplici, nel quale potrai trovare le risposte che cerchi alla capacità e necessità degli autistici di provare emozioni ed empatia.
Gli autistici non sono meno socievoli delle altre persone, anzi forse ne hanno ancora più bisogno, ma sono in linea generale più incapaci nella socialità, a causa di una serie di incomprensioni e difficoltà di lettura e traduzione della comunicazione sui vari livelli.
Ciò che contraddistingue gli autistici nella socialità, a livello di volerla o non volerla, a parer mio è dato dagli innumerevoli fallimenti e delusioni, dovute appunto alle incapacità (colmabili con pratica, supporto ed esperienza).
Quindi altro che evoluzione... è più un'arresa collettiva.
Riallacciandomi al tuo discorso: se la socialità ci ha fatto sopravvivere come specie, non vedo come di punto in bianco gli autistici dovrebbero riuscire a sopravvivere in solitudine. Se ci riusciamo è solo grazie a tutti quei neurotipici e quegli autistici che sono in grado di lavorare e produrre permettendoci tante comodità, cibo, acqua, servizi, ecc...
Cercando di tornare in topic, anche i giovani hanno bisogno di socialità, soprattutto loro, per tanti aspetti. Ma qualche volta c'è bisogno di una ritirata, di un po' di solitudine, di comprensione.
Insistere sul frequentare gente può essere solo un calcare la mano sulle difficoltà di una persona, evidenziando delle debolezze.
Forse una terapeuta potrebbe aiutare, e soprattutto la serenità in casa, come dicevo sopra.
Ciò che contraddistingue gli autistici nella socialità, a livello di volerla o non volerla, a parer mio è dato dagli innumerevoli fallimenti e delusioni, dovute appunto alle incapacità (colmabili con pratica, supporto ed esperienza).
Sono molto d'accordo con la tua affermazione.
Sul piano pratico, oltre alla terapia, stiamo sperimentando delle uscite di gruppo organizzate con altre ragazze aspie. Sono uscite in cui si "fanno cose": si va in pasticceria, ad una mostra, a vedere un film. Mia figlia sembra andarci volentieri, forse perché sa che sono situazioni in qualche modo controllate, in cui è meno imprevedibile/incomprensibile il comportamento da tenere. Non credo che da questo tipo di esperienze nasceranno delle amicizie, ma le vedo come una palestra per imparare a stare con gli altri. Spero che fra qualche anno, con questi supporti, passata l'età critica dell'adolescenza, magari frequentando per studio o hobby persone più affini, le sia più facile trovare qualche amico.un abbraccio
La diagnosi è arrivata tra la 5' e la prima media e credo che se fosse stato chiaro prima, avrei impostato tante cose diversamente per dargli delle routine fin da piccolo...
Ma cmq è andata così.
Poi è arrivato il lock down e se chiedete a lui è stato "il periodo più bello della mia vita" (cito) 🙈
E infatti diciamo che quello è stato il peggio del peggio perché si è lasciato totalmente sopraffare dalla antisocialità, che già c'era ma che dopo il Covid ha preso il sopravvento. Sono stati 3 anni difficili perché poi la graduale ripresa della scuola è stata vissuta male: scuola nuova, compagni conosciuti per soli pochi mesi di presenza e al rientro era un ripartire da zero quasi...
Sopravvissuti a questi 3 anni, ora siamo in 1^ superiore: finalmente dal lato della socialità a scuola abbiamo fatti passi avanti perchè la Scuola nuova, stavolta, gli ha permesso di reinventarsi un pochino, e dopo tanto tanto lavoro e tanto tanto parlare (la mia fortuna è che conosco benissimo la sindrome e che lui si apre con me e mi racconta tutto per aiutarlo a capire 🙏) è stato un buon inizio: ci va volentieri e felice e x me questo è già un enorme successo. Però per lui è l'unico posto dove frequenta coetanei perché cmq esce pochissimo... principalmente perché "non sa" chiedere agli altri di uscire... non vuole, non se la sente, ma di base non ha il coraggio di farlo temendo un rifiuto. Se gli altri lo invitano accetta (dopo l'ansia iniziale dell'imprevedibilità di cosa accadrà e come andrà) ma lui non riesce ancora a fare il primo passo. Poi spessissimo ci sono disdette e cambi di programma e alla fine esce davvero poco poco... e queste cose lo mandano in crisi.
E poi ci sono i down. Ne abbiamo vissuto uno durato 3 giorno bruttissimo in terza media... ora li so vedere arrivare, e li riconosce anche lui, e cerchiamo di prenderli prima dell'esplosione. E la causa è quasi sempre lo scontro che vive dentro di sè tra la voglia di fare le cose che fanno i suoi coetanei (serenamente e con facilità), e la sua coscienza di non riuscire a farle che lo porta, x evitare di vivere questo problema, a starsene da solo immerso nei videogiochi che non lo fanno "pensare" (questa è la sua spiegazione).
Io cerco di spingerlo ad uscire, a provare a fare il primo passo, ad aiutarlo anche a volte a formulare le domande per non sembrare troppo diretto o troppo "impattante" con il suo modo di fare; ma allo stesso tempo cerco di lasciargli anche gli spazi che chiede e cerca, la solitudine, anche i silenzi a volte, perché capisco che ne ha bisogno.
Ma è difficile perché, sebbene supportati dal neuropsichiatra, metto sempre in discussione il mio modo di agire perché mi chiedo se sbaglio... se faccio bene... se certi comportamenti faccio bene a tollerarli perchè legati alla sindrome o tipici invece dell'adolescenza e non dovrei... È sempre uno scervellarmi su tutto ed è faticoso.
Io poi ho un'empatia a livelli stratosferici che si contrappone alla sua quasi totale mancanza... ma devo dire che questa cosa mi aiuta molto a volte, altre volte invece mi chiedo se vada bene capirlo o dovrei invece trattarlo come un normale ragazzino di 15 anni...
Qualcuno mi può dare dei consigli?
E rispetto ai gruppi Aspie, ai quali ha accettato di partecipare, cosa mi dite in base alle vostre esperienze (da genitori o da fruitori)?
Ciao 🤗
Poi è arrivato il lock down e se chiedete a lui è stato "il periodo più bello della mia vita" (cito) 🙈
Le disdette e i cambi di programma... c'è anche di peggio, quando mia figlia alla fine si decide a proporre qualcosa da fare insieme a qualche compagna o compagno e dall'altra parte arriva un no, magari dovuto effettivamente a un impegno pregresso dell'altra persona, ma che lei vive come una grossa fatica che non ha portato a risultati.
I consigli penso siano un compito degli specialisti, e che siano legati anche alla persona. Nel mio caso, mi è stato consigliato di "facilitare" mia figlia proponendole delle esperienze che potrebbe condividere con i compagni. Per esempio le ho prenotato io un'escape room per festeggiare il suo compleanno, lei però si è dovuta occupare degli inviti, che incredibilmente sono stati tutti accettati, dell'organizzazione, della merenda successiva fuori, e tutti sembra si siano divertiti, un mezzo miracolo che però non si è più ripetuto (ho dovuto però prima darle dei dettagli precisi su come sarebbe stato il gioco, mostrarle il menù del posto dove fare merenda, insomma crearle un ambiente con pochi imprevisti).
Mi hanno anche consigliato di proporle di organizzare un'uscita al cinema con i compagni, ma in questo caso lei ha rifiutato (e il cinema le piace moltissimo, alla fine ci va con me).
Il gruppo aspie al momento funziona bene, anche le terapiste sono stupite della sua partecipazione costante, pensavano che avrebbe addotto come scusa per non andarci lo studio, invece si organizza e cerca di esserci sempre, un'uscita a settimana assicurata! I contatti con le altre sono però per ora limitati alle esperienze fatte al momento, al di là dell'uscita pianificata lei non cerca le altre ragazze. La sua volontà di provarci mi fa capire quanto in realtà il desiderio di socializzazione in lei sia forte, e quanto è difficile realizzarlo nel mondo neurotipico.
Quello che gli propongo io ormai non lo accetta più e vive male i miei suggerimenti perché vuole fare lui, dice che non sono cose che fanno i suoi compagni (le cose che dico io), ma spesso sono sue idee errate, non corrispondono alla realtà. Diciamo che siamo nella fase del "tu sei vecchia che cosa vuoi sapere di quello che fanno i miei coetanei" ... peccato che ci vivo in mezzo ai ragazzi e ne so più di lui 😂😂😂 ma vabbè 🤷🏻♀️