mi presento

in Mi presento
salve a tutti, vi scrivo dalla Sardegna, sono qui perchè ho letto discussioni di argomenti interessanti e probabilmente per me utili. Quando non lavoro mi piace cercare informazioni su molti argomenti di questo mondo e dicono che faccio molte cose. Principalmente il tempo libero mi piace impegnarlo nei lavori in giardino, passeggiate, uscite con la mtb, e al poligono. Mi considerano persona molto riservata e a dire il vero, al di fuori del lavoro, non incontro molte persone per parlare.
Grazie e complimenti per il forum.
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Commenti
Da parte di qualche collega c'era a volte anche qualche allusione su questo rapporto con gli ospiti, in tono scherzoso certo, non offensivo.
AQ test
Test RAADS-R risultato totale 173.0
linguaggio 14.0 sociale 83.0 sensoriale 34.0 interessi circoscritti 42.0
Te sei quello che sei e che sei sempre stato, la diagnosi serve per capire come gli altri ti vedono realmente, in quanto, nel tuo piccolo, il tuo modo di vivere rientra tra le "tue" normalità; quindi una diagnosi serve solamente a giustificare vari ed eventuali pregiudizi che le persone intorno a te potrebbero esercitare e magari anche per te a capire perché non arrivi a determinate cose mentre invece con molta semplicità arrivi ad altre dove gli altri non arrivano.
Io per esempio non mi sono mai spiegato perché fossi così sensibile, anche gli amici che ho avuto me lo dicevano e mi chiedevano come è possibile che prendo sul serio tutto e difficilmente mi butto le cose alle spalle; io invece mi sono sempre domandato perché loro non prendevano quasi nulla sul serio e si buttavano dietro le spalle ogni cosa tra cui anche quelle più importanti... boh. Questo a quanto pare rientra tra le neuro diversità che formano anche il carattere, il modo di essere e di affrontare le cose.
Uno direbbe, ma cosa cambierebbe ad avere una diagnosi che accerti questo oppure no, quando si sa benissimo di essere diversi dagli altri?
La risposta è semplice, perché a tanti non piace essere diversi, ma piace essere uguali o migliori, c'è chi ostenta quello che non ha, chi fa masking, chi non si piace e vorrebbe essere altro... quindi immaginati una persona che si accetta, a cui le sembra normale essere quello che è, cosa accade quando si trova in mezzo a tutti questi che praticamente... te lo devo proprio dire ?
Quindi la diagnosi ha varie funzioni, del tipo, "sono così, eccolo scritto su carta non scassatemi le balls!" Oppure "Non ce la faccio a fare determinate cose perché sono così come scritto in questo pezzo di carta." Oppure, "ecco perché sono sbagliata/o sono nato con questa patologia, voglio cambiare ed essere come gli altri!" Oppure, "Ora che ho la diagnosi finalmente ho la conferma!" Eccetera.
La diagnosi è più uno strumento usato dal paziente(adulto) per dargli conferme o per utilizzarlo nella società che altrimenti non lo giustificherebbe per certi comportamenti "atipici". Tanti che rientrano nello spettro nemmeno riescono a farsi sgamare che in realtà sono atipici, si adattano e acquisiscono modi di fare tipici emulando gli altri, proprio per questo penso che di neuro diversi come noi ce ne siano un fottio li fuori e che le rarità in realtà siano quelli chiamati neuro tipici, i quali per accertarsi che lo siano, sarebbe richiesta una diagnosi pure per loro, ma non ne hanno bisogno, perché se segui il fiume e ti lasci trasportare dalla corrente, alla fine dei conti puoi apparire come tutti gli altri naviganti e sembrare "tipico".
Ps: Parabola finale.
"Viviamo in una società d'ipocriti, da un lato si combatte per accettare le diversità, dall'altro, sempre gli stessi, combattono chi non si conforma. Siamo una razza di scemi che vive in costanti paradossi e paradigmi."
Mi sono sempre chiesto cosa sia la normalità.
Quando al lavoro mi é capitato di parlare con qualche collega dicendo che ci sono molte probabilità che io rientri nello spettro autistico, la risposta che ho avuto é stata: "ma se sei l'unico normale qui!"
Forse ha ragione il personaggio di un film in cui afferma che la follia alle giuste dosi é la medicina per il mondo, ma ricordo anche Edgar il quale disse che quando il pazzo sembra perfettamente normale allora bisogna ricorrere alla camicia di forza.
Pertanto cosa si intende per normalità?
Mi hanno sempre detto che sono strano e io quasi ne ho fatto un moto e devo dire che ha il suo successo.
Per la diagnosi non é problema di soldi, ma non mi conviene farla perché potrebbe, e sottolineo potrebbe, darmi qualche noia, poiché so che ci sono tanti ignoranti.
minore la differenza del test AQ 34 su 50 il precedente di 15 mesi fa era a 37.
Sempre oggi ho fatto nuovamente anche il test Aspie-Quiz sul sito rdos.net con un risultato migliorativo:
punteggio Aspie (neurodiverso) e': 112 di 200
punteggio neurotipico (non-autistico) e': 115 di 200
Sembri avere sia tratti neurodiversi (Aspie) che neurotipici
Due anni fà il risultato è stato di 139 e 89
penso che il cambiamento di lavoro abbia contributo più di tutto, visto che da qualche anno svolgo un lavoro a contatto con il pubblico e nei precedenti stavo più che altro al backoffice.
Al contrario io ho chiuso con tutti i tentativi di avere relazioni affettive e contemporaneamente ho tagliato una serie di "amicizie" che mi facevano solo soffrire. E il mio punteggio a distanza di un anno è drasticamente peggiorato.
Evidentemente il masking è anche terapeutico.
Non nascondo che da sempre, e quindi anche con il precedente tipo di lavoro, ho avuto problemi e cortocircuiti a causa di incomprensioni e difficoltà a sopportare certe situazioni personali.
Non ho ancora ben compreso a fondo il masking, l'ho scoperto leggendo le vostre discussioni. Io parlerei più di adattamento, attraverso un processo di apprendimento, di resilienza della persona attivata dalla necessità. E anche desensibilizzazione che ho scoperto molto tempo fa. Faccio un esempio personale: al tempo mi resi conto che avevo paura delle altezze non protette; non avevo paura di stare in un punto alto se c'era una ringhiera o una protezione, ma se questa mancava, e il tutto dipendeva solo dal mantenere l'equilibrio, allora la situazione mi faceva stare male. Volendo vincere questa cosa ho iniziato ad espormi all'evento che mi procurava ansia e paura. Non la descrivo nei dettagli perché non é da fare e non consiglio a nessuno di farlo. Voi direte che é da pazzi e avete ragione, lo disse anche il mio psicoterapeuta, aggettivandomi con un termine appropriato. Ho proseguito questa esperienza molte volte e, guardando l'orologio, incrementavo di volta in volta il tempo di permanenza. Fino a quando non ho raggiunto il livello di tranquillità desiderato. In tempi successivi durante un'escursione in montagna ci siamo ritrovati ai piedi di una vetta che si poteva raggiungere con una breve rampicata sulle rocce che però si affacciava su un'altezza di 300 metri circa. Solo in due abbiamo raggiunto quel luogo, gli altri sono rimasti al loro posto. Avevo imparato a fare una cosa che prima mi metteva a disagio.
Penso che sia un po' come i bambini che salgono per la prima volta in bicicletta, chi più chi meno, tutti hanno un po' paura, e sono emozionati. Tutti cadono le prime volte, ma dopo, quando hanno imparato, si divertono pure. C'è poi chi sulla bici non ha mai provato a salire e a più di cinquant'anni non ci sa ancora andare. Credo di poter applicare lo stesso schema di funzionamento anche per questo attuale lavoro. Inizialmente c'erano situazioni che mi creavano dei problemi, mi é capitato di cadere qualche volta, di provare sofferenza, ma col tempo, lentamente, ho imparato e mi sono adattato, anche se non penso di poter mai avere la disinvoltura che hanno gli altri colleghi nell'interagire con le persone in diverse situazioni.
Cmq @maddi70 mi piace che ti sei sentita come Alice
hai ragione, c'è un tipo di realtà che è solo un sogno terribile, non c'è più nulla da scoprire o trovare.
@Lixxy, il cappellaio matto è adorabile perchè è vero, se uno lo ama finchè crede che sia finto non ne vale la pena
Per me é difficile che realizzo qualcosa se prima non l'ho pensata, desiderata, sognata, voluta. Non sarei nemmeno predisposto. Penso che sia così per molti.
Sempre analizzando con logica praticamente si può dire che Alice sta bene in manicomio dove ogni giorno, ogni momento è una novità differente e guardando al tuo pensiero: "Per me é difficile che realizzo qualcosa se prima non l'ho pensata, desiderata, sognata, voluta. Non sarei nemmeno predisposto." In confronto sembri appartenere a un altra specie avendo tutt'altro pensiero, ovvero, realizzare un sogno per viverlo a differenza di vivere in un sogno realizzandosi.
Di fatto l'uomo che corteggia è portato a realizzare i sogni della corteggiata, con la speranza poi che un giorno anche i suoi si realizzeranno, ma è raro che vada così(a me non è andata mai così) e fai bene a dire di non smettere mai di sognare, infatti non ho mai smesso di farlo, il problema è che mi sono praticamente ritrovato a vivere nel sogno perché nella realtà non sono riuscito a trovare nessuna compagna che mi aiutasse a realizzarlo, ovvero, una famiglia unita nell'affetto invece che una famiglia formatasi per conformità alla società.
E io gli risposi: anche voi uomini siete tutti strani. Il problema è che siete tutti strani uguale 😁
Non ho detto che la donna è mobile qual piuma al vento, quello è lo stereotipo, io ho detto che è difficile per molti capirle le donne e dicendo questo non ho espresso alcuna mia incapacità nel capirle. Per quanto riguarda il manicomio era per dire che nell'incertezze nel prendere quello che verrà e che a ogni angolo c'è la novità nel mondo di Alice è praticamente come vivere in un manicomio fatto di persone che non si possono dare per scontate(almeno non tutte) e che se sono li è proprio per la loro imprevedibilità da tenere sotto controllo. L'immagine del manicomio lo so che è brutta, in quanto tra gli anni 50 e 70 succedeva spesso che i mariti ci mandavano le mogli per fargli fare il reboot al cervello(elettroshock) dato che si invaghivano di altri uomini o perdevano interesse nella loro vita di coppia cadendo in depressione, quindi, quella del manicomio è una brutta immagine che è meglio prendere con le pinze non guardandola in questo caso specifico come tutto ciò che è stato, ma solamente come "un modo di dire".
"L'uomo che corteggia desidera realizzare i sogni della corteggiata perchè gli viene naturale e, se ricambiato, verrà naturale anche a lei realizzare i sogni di lui."
Completamente sbagliata questa frase secondo me ed è anche la fonte del pensiero secondo cui(sempre parere personale) le donne idealizzano più degli uomini; la riformulerei così:
"L'uomo che corteggia vuole realizzare i suoi sogni come naturale che sia e sa che deve farlo per poter ricevere quello che desidera."
Ecco perché a me non va più di corteggiare, non mi va di realizzare come ho sempre fatto i sogni di qualcuna per poi rimanerci fregato(anche perché non ambisco a quello che la maggior parte degli uomini ambisce solitamente), preferisco di più far nascere un rapporto dove gli interessi, la compatibilità e il rispetto siano il collant che ci unisce; non ho nessuna smania di conquistare, perché non voglio fare mio ciò che già è bello in natura e il mio sogno è che magari sia più una cosa spontanea invece che artefatta non poggiandosi poi sulla base di "preda & predatore" come da sempre è successo nella maggior parte dei casi.
(Per me Alice può anche rimanere al di là dello specchio, di certo non ci entro per andare a cercarla. {A meno che non sia mia figlia.})
concordo, é capitato anche a me di stare lì a cercar di capire come far felice una persona, e mi sembrava, qualsiasi cosa facessi, di non riuscire mai. Non andava bene una cosa ma nemmeno l'esatto contrario.
questa é bella, mi hai regalato un sorriso e ti ringrazio.
più che di realizzare i sogni della corteggiata io direi voler semplicemente bene, nel senso che, se le voglio bene, significa che voglio il suo bene, e ciò che faccio per lei é finalizzato a questo. Naturalmente se parliamo di una coppia, anche l'altro si sentirà amato diversamente non ci resterebbe assieme. Nella mia mente, quando c'è questo, si é già realizzato buona parte del sogno.
ho messo manicomio tra "" solo perchè non esistono più e quindi non potrei averci lavorato, però ci sono realtà simili. Sono precisa oppure non volevo sembrare troppo vecchia
come dice @Martin, intendevo che se vuoi bene a qualcuno, vuoi vederlo felice e se puoi esaudire un suo desiderio, lo fai, e se dall'alatra parte c'è solo egoismo non va bene. Certo non si limita a questo un rapporto, sennò ci vorrebbe la lampada di Aladino per fidanzarsi ma anche lì, c'erano solo 3 desideri usufruibili. Se non c'è una visione comune non ha senso nemmeno un'amicizia. E' bello fare cose insieme che piacciano ad entrambi ma non sempre è facile, a volte preferisco avere simili l'approccio alle cose, alla vita, ai valori. Se entrambi pensiamo che sia utile e necessario avere hobby autonomi ed è bello confrontare idee e analizzare le cose , io continuerò con i miei, lui con i suoi e magari ci si vede la sera e ne discuteremo insieme, di come è andata, di come funzionano. Sennò c'è il rischio che x spinge y a giocare a pallacanestro e y lo fa e magari subito lo apprezza. X però ha una passione più forte, y scopre dopo un po' che si stanca troppo o gli viene il ginocchio della lavandaia e la coppia , se si basa solo su quello, rischia di andare in pezzi. Può succedere anche se si conoscono durante una partita e entrambi amano la pallacanestro ma uno si fa male, l'altro litiga con l'allenatore, uno ha problemi di competizione... e quindi non basta avere un hobby in comune, se non ci sono idee prima da condividere