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Pirandello

bannato2bannato2 Post: 2,034
1 nessuno e 100 . 000  ....
dico non a caso e' un aspie ????

Post edited by Andato_Sim on

Commenti

  • bannato2bannato2 Post: 2,034
    correggo con "era"
  • bannato2bannato2 Post: 2,034
    :-? :-? :-? :-? :-? :-? :-? :-?    

    Il protagonista di questa vicenda, Vitangelo Moscarda, è una persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca del padre e vive di rendita. Un giorno, tuttavia, in seguito all'osservazione da parte della moglie la quale gli dice che il suo naso è leggermente storto, inizia ad avere una crisi di identità, a rendersi conto che le persone intorno a lui hanno un'immagine della sua persona completamente diversa dalla sua. Da quel momento l'obiettivo di Vitangelo sarà quello di scoprire chi è veramente lui.

    Decide quindi di cambiare vita (rinunciando ad essere un usuraio) anche a costo della propria rovina economica e contro il volere della moglie che nel frattempo è andata via di casa. In questo suo gesto c'è il desiderio di un'opera di carità ma anche quello di non essere considerato più dalla moglie come una marionetta. Anche Anna Rosa, un'amica di sua moglie che lui conosce poco, gli racconta di aver fatto di tutto per far intendere a sua moglie che Vitangelo non era lo sciocco che lei immaginava e che non c'era in lui il male.

    Il protagonista arriverà alla follia in un ospizio, dove però si sentirà libero da ogni regola, in quanto le sue sensazioni lo porteranno a vedere il mondo da un'altra prospettiva. Vitangelo Moscarda conclude che, per uscire dalla prigione in cui la vita rinchiude, non basta cambiare nome: proprio perché la vita è una continua evoluzione, il nome rappresenta la morte. Dunque, l'unico modo per vivere in ogni istante è vivere attimo per attimo la vita, rinascendo continuamente in modo diverso.

    Il titolo del romanzo è una chiave di lettura per comprenderlo fino in fondo, infatti quella di Vitangelo Moscarda è la storia di una consapevolezza che si va man mano formando: la consapevolezza che l'uomo non è Uno, e che la realtà non è oggettiva. Il protagonista passa dal considerarsi unico per tutti (Uno, appunto) a concepire che egli è un nulla (Nessuno), attraverso la presa di coscienza dei diversi se stesso che via via diventa nel suo rapporto con gli altri (Centomila). In questo modo la realtà perde la sua oggettività e si sgretola nell'infinito vortice del relativismo.

    Nel suo tentativo di distruggere i centomila estranei che vivono negli altri, le centomila concezioni che gli altri hanno di lui, viene preso per pazzo dalla gente, che non vuole accettare che il mondo sia diverso da come lo immagina. Vitangelo Moscarda è il "forestiere della vita", colui che ha capito che le persone sono "schiave" degli altri e di se stesse. Egli vede gli altri vivere in questa trappola, ma neanche lui ne è completamente libero: il fatto che la gente l'abbia preso per pazzo è la dimostrazione che non è possibile distruggere le centomila immagini, a lui estranee, che gli altri hanno di lui. È possibile solo farle impazzire.

    La fine del romanzo è molto profonda, conclusione degna per un'opera di questa portata. Il rifiuto totale della persona comporta la frantumazione dell'io, perché esso si dissolve completamente nella natura. Pieno di significati è il rifiuto del nome, che falsifica ed imprigiona la realtà in forme immutabili, quasi come un'epigrafe funeraria. Al contrario della vita, che è un divenire perenne, secondo la concezione vitalistica di Pirandello.




    leggete un po qui .. magari mi sbaglio ..
    ma racconti come quello della cariola non si scordano nella vita e di maschere purtroppo io ne ho conosciuto fin troppe

    :-??
  • VinciVinci Post: 143
    Il mio autore preferito.
  • bannato2bannato2 Post: 2,034
    secondo te quanto asper era????
  • marielmariel Post: 1,551
    tanto! :)>-
  • In effetti potrebbe essere..
  • Lycium_bLycium_b Post: 1,868
    modificato maggio 2014
    Pirandello non era buddhista, ma attraverso la riflessione e la sua intelligenza è riuscito ad arrivare (e probabilmente anche a praticare) inconsapevolmente una filosofia di vita millenaria che porta alla pace interiore. Un genio, niente altro da dire.
    Non so se fosse Asperger, ma il mio neuropsichiatra l'ha citato diverse volte, per cui può essere.
  • vanessavanessa Post: 1,163
    Non sapevo che Pirandello fosse Asperger, ma mi sono sempre sentita d'accordo sulla sua visione dei rapporti sociali, ho fatto anche la tesina della maturità su di lui.
  • Andato11Andato11 Post: 370
    le mie letture di Pirandello risalgono a 30 anni fa però mi sembra che molti titoli delle sue opere diano interessanti spunti aspie come appunto uno nessuno e centomila, il fu mattia pascal, maschere nude, il gioco delle parti, forse che sì forse che no, l'esclusa...
    ci si sente uno, una persona diversa,
    poi ci sente nessuno, ma attenzione non dice zero, uno che è zero non esiste,
    poi ci si sente in tanti, in centomila... le molteplici moltiplicazioni  e divisioni dell'io come immagini frante o amplificate nello specchio
    poi si va inevitabilmente incontro alla rottura dello specchio con cui ci si taglia
    è la pazzia sancita dagli altri
    ma è la pazzia per sè l'unico modo di dire io esisto per me stesso...
    tutto il Novecento, e non solo in letteratura, ma potremmo guardareanche alla pittura alla musica alla filosofia, è attraversato da questo filone di perdita di tutte le certezze andando verso gli orrori della guerra,

    scrittori come Pirandello ,Kafka ,Buzzati, Thomas Mann , Ibsen... è tutto un mondo in cui perdersi...
  • Non so se fosse Asperger, ma leggerlo, quando ero giovane, fu una delle prime rivelazioni, uno dei primi indizi della diversità radicale che c'era in me. Secondo me il discorso che fa Pirandello è universale, vale per tutti gli uomini, ma per noi è una corda scoperta. Per mesi, dopo la lettura, ho cercato di guardarmi vivere, sorprendere l'immagine che davo di me e vedermi come mi vedevano gli altri. Ma avevo anche molta paura di cosa avrei trovato. Tuttora respingo molto di ciò che sono, lo ricaccio dentro
  • Andato11Andato11 Post: 370
    Non so se fosse Asperger, ma leggerlo, quando ero giovane, fu una delle prime rivelazioni, uno dei primi indizi della diversità radicale che c'era in me. Secondo me il discorso che fa Pirandello è universale, vale per tutti gli uomini, ma per noi è una corda scoperta. Per mesi, dopo la lettura, ho cercato di guardarmi vivere, sorprendere l'immagine che davo di me e vedermi come mi vedevano gli altri. Ma avevo anche molta paura di cosa avrei trovato. Tuttora respingo molto di ciò che sono, lo ricaccio dentro

    Peregrino, è molto giusto quello che dici, che per noi è una corda scoperta, e poi in ogni libro in ogni parola cerchiamo sempre qualcosa che ci parli direttamente, che ci aiuti a capire, in questo senso tutta la letteratura del 900 è così accattivante per noi, e la parola che hai usato "devastante" è giusta, anche per me certe letture lo furono ma non credo che lo furono altrettanto per i miei compagni di liceo...
    bella anche l'espressione "sorprendere l'immagine di me", ma ribaltando la situazione sorprendi te stesso stupisci te stesso...
  • Grazie @Phlomis
    Bè, ho solo rubato il concetto a Pirandello :)
    Credo proprio che tu abbia ragione, c'è davvero tanto da scoprire nel '900 (soprattutto i primi venti anni, almeno per il mio gusto), quando l'uomo si è accorto di non essere padrone neanche di sé stesso, di quanto insignificante tutto ciò su cui fondava la vita.
    Qui si potrebbe davvero partire per la tangente! Potremmo chiederci perché proprio in quel momento sono apparsi scrittori (ma soprattutto un pubblico, dei lettori) che sentivano il bisogno di scavare in certi angoli bui.
    La letteratura nei secoli precedenti era più... "neurotipica". Eppure seguiva spesso schemi ripetitivi :)
  • fattore_afattore_a Post: 2,337
    Come dice @Peregrino anche io penso che la letteratura del Novecento poteva comparire solo nel Novecento, quando le trasformazioni sociali hanno scosso schemi mentali consolidati da secoli di storia: l'allungamento della vita, ad esempio, ci ha fatto scoprire la vecchiaia e la solitudione o l'abbandono dei vecchi; l'automobile ci fa fare avanti e indietro da luoghi distanti nei quali ci è difficile mettere radici; facciamo anni di scuola e non impariamo mai quello che realmente ci serve
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