Per me molta confusione deriva dal fatto che la diagnosi è fatta sulle difficoltà, sui sintomi, come fosse una malattia (per forza di cose a quanto pare, se ho capito bene non ci sono prove fisiche e tangibili al di là dei comportamenti) e non sul differente funzionamento/modo di essere, con la conseguenza di 'perdere' la diagnosi se si attenuano o risolvono le difficoltà. Però togliere le difficoltà e 'i sintomi' non cambia il fatto di essere diversi! Poi c'è la sottocultura Asperger/Aspie e il mantra del 'non è una malattia ma un differente modo di funzionare'. Non capisco, mi sembra tutto un controsenso, come se si parlasse di cose diverse. Sono molto confusa! Scusatemi, probabilmente ho ancora molto, molto da capire e da leggere.
@Marcof Ma in pratica cos'è, dove sta, questa cultura Aspie? Mai sentita/vista! Cosa la definisce? Come si esprime? Chi sono i portavoce principali? E il loro simboli? E il loro pensiero comune di base?
Per me molta confusione deriva dal fatto che la diagnosi è fatta sulle difficoltà, sui sintomi, come fosse una malattia (per forza di cose a quanto pare, se ho capito bene non ci sono prove fisiche e tangibili al di là dei comportamenti) e non sul differente funzionamento/modo di essere, con la conseguenza di 'perdere' la diagnosi se si attenuano o risolvono le difficoltà. Però togliere le difficoltà e 'i sintomi' non cambia il fatto di essere diversi! Poi c'è la sottocultura Asperger/Aspie e il mantra del 'non è una malattia ma un differente modo di funzionare'. Non capisco, mi sembra tutto un controsenso, come se si parlasse di cose diverse. Sono molto confusa! Scusatemi, probabilmente ho ancora molto, molto da capire e da leggere.
Il discorso sulla sottocultura Aspie, a cui accennava anche @Marcof, è un discorso parallelo se vogliamo.
Ha evidentemente il problema di poter essere fuorviante: gli Aspie che si raccontano sono, per forza di cose, i più funzionali e più vicini agli NT: un NT, seguendoli, potrebbe male interpretare la condizione autistica "lieve", prenderla troppo alla leggera.
(E, stando a quanto recentemente affermato qui sul forum, la larga maggioranza dei diagnosticati AS è più vicino allo stereotipo del disabile che a quello di genio-eccentrico, un po' strano ma altamente funzionale nella sua nicchia di interesse).
Il grande pregio però è quello di aprire i canali della comunicazione NT-ND, instaurando una comunicazione tra i due mondi, che è il primo passo per la comprensione vera dell'ASD da parte del mondo NT. In una prima fase, dispersi nel mare della mala comprensione, solo una piccola frazione di NT comprenderà appieno il senso della condizione. Si spera (è questo il progresso culturale), che la proporzione dei veri "conoscitori" aumenti nel tempo.
In questo senso, dal punto di vista dell'ottica globale di una società che tende al progresso culturale, la divulgazione della cultura Aspie, sebbene localmente problematica e, va detto, spesso fuorviante (guardare serie tv, video e film commerciali fatti con i piedi, per niente rappresentativi della condizione autistica), ha, a regime, un grande utile.
Credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti allo studio. Per forza.
Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smani di sapere. [...] comincerai ad andare sempre più vicino, se sai volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo,
a quel genere di conoscenza che sarà cara, molto cara al tuo cuore. Tra l'altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini
abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d'incitamento e di stimolante. [J.D.Salinger - Catcher in the Rye]
@Mind_Traveller la cultura aspie è più o meno un riadattamento dell'asperger per ragazze. Più smussato nell'intensità di solito, ma simile nei concetti... In più si aggiunge l'impegno a farsi riconoscere l'autismo invisibile e a diffondere la consapevolezza ad altre persone. Perché si basano sull'assunto che tante persone possono essere indubbiamente asperger senza saperlo, pure quelli che appunto hanno sempre avuto qualche amico e relazioni sentimentali.
Per me molta confusione deriva dal fatto che la diagnosi è fatta sulle difficoltà, sui sintomi, come fosse una malattia (per forza di cose a quanto pare, se ho capito bene non ci sono prove fisiche e tangibili al di là dei comportamenti) e non sul differente funzionamento/modo di essere, con la conseguenza di 'perdere' la diagnosi se si attenuano o risolvono le difficoltà.
Lo scopo della diagnosi dovrebbe essere proprio quello di fornirti gli strumenti per "perderla" (con terapia e/o lavoro personale sulle difficoltà).
Credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti allo studio. Per forza.
Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smani di sapere. [...] comincerai ad andare sempre più vicino, se sai volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo,
a quel genere di conoscenza che sarà cara, molto cara al tuo cuore. Tra l'altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini
abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d'incitamento e di stimolante. [J.D.Salinger - Catcher in the Rye]
l'assunto che tante persone possono essere indubbiamente asperger senza saperlo, pure quelli che appunto hanno sempre avuto qualche amico e relazioni sentimentali.
@Marcof fino al post precedente ti seguivo, ora mi sono perso: non avere amici né relazioni sentimentali è condizione necessaria (ed eventualmente sufficiente) per diagnosticare l'asperger? Viceversa, aver avuto almeno una o entrambe le cose può invalidare la diagnosi, secondo te? (perché, in tal caso, molti degli utenti del forum che sono stati diagnosticati - prima o dopo l'iscrizione al forum stesso - potrebbero non essere "veri" asperger...) :-?
@Mind_Traveller la cultura aspie è più o meno un riadattamento dell'asperger per ragazze. Più smussato nell'intensità di solito, ma simile nei concetti... In più si aggiunge l'impegno a farsi riconoscere l'autismo invisibile e a diffondere la consapevolezza ad altre persone. Perché si basano sull'assunto che tante persone possono essere indubbiamente asperger senza saperlo, pure quelli che appunto hanno sempre avuto qualche amico e relazioni sentimentali.
Non è esattamente così.
Asperger declinato al femminile o al maschile probabilmente presentano leggere differenze, ma se ti riferisci al fatto che una femmina sia aspie solo per relazioni sentimentali, devi tener presente che una femmina (minimamente gradevole) riceve continuamente approcci. Per la femmina sarebbe più corretto parlare di difficoltà a mantenere relazioni sentimentali.
Per quanto riguarda la mia opinione, c'è una grande differenza tra essere Asperger e Aspie. Simile a quella espressa da @Pavely Un Asperger sostanzialmente si identifica in sé stesso, un Aspie ricerca una cultura di appartenenza. È evidente che nel primo caso vi è una minore tendenza alla socializzazione, nel secondo caso si tratta di individui simili a quell'oscuro e misterioso individuo sociale chiamato neurotipico. Quindi non è neanche totalmente corretto chiamarli nt. Nel primo caso si è escluso o ci si sente esclusi sia dai nt che dagli Asperger, nel secondo caso ci si identifica negli Aspies e vi si trova un punto di socializzazione/amalgama.
Per onestà sarebbe il caso prima di rispondere al quesito, esplicitare se ci si sente aspie o asperger.
Io attualmente, non mi sento né l'uno né tanto meno l'altro.
@Blind mi riferivo alla distinzione tra asperger e aspie fatta in partenza. Secondo me essere stati in pari con le relazioni, di qualsiasi tipo, denota naturalezza a sufficienza (che dall'interno può non essere percepita). Secondo me è sufficiente a dire: sei aspie, se ti piace quella cultura. Non ne ho idea di come funziona la nomenclatura in quei casi.
Però sì, secondo me ci vorrebbe più calma e riservatezza, aiutarsi a vicenda senza formare un pride assorbente e senza paragonarsi a chi non riesce a rispettare le tappe.
Mi chiedo, @poke, se per esprimere la cultura sia necessario vivere la dimensione della socialità.
Perché, se così fosse, cosa si intende, in senso stretto, per cultura autistica?
Un autistico profondo, che non riesce a vivere neppure la socialità della sua "cultura d'appartenenza", può allora esprimere la sua cultura autistica e la sua solamente. Ammesso che la cultura possa emergere a livello individuale. Esisterebbero 1000 culture autistiche, e non solamente 1.
Mi insegnate, però, come la vita di un autistico profondo, vissuta in ambienti disfunzionali e non supportanti, sia ricolma di silenzi e fallimenti nelle relazioni sociali.
Se questo fosse il caso, le "culture autistiche" sarebbero destinate a rimanere inespresse, confinate nei muri del silenzio.
In un certo senso, la cultura autistica non si può comunicare, e non si può ascoltare.
Credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti allo studio. Per forza.
Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smani di sapere. [...] comincerai ad andare sempre più vicino, se sai volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo,
a quel genere di conoscenza che sarà cara, molto cara al tuo cuore. Tra l'altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini
abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d'incitamento e di stimolante. [J.D.Salinger - Catcher in the Rye]
@Landauer Qualche tempo fa aprii una discussione chiedendo cosa fosse la cultura autistica, esso andò quasi deserto, quindi rimango con la domanda accesa. Qualche risposta l'ho trovata nel libro Autismo e talento, in cui ci sono esempi di cultura autistica nel modo in cui lo hai espresso tu. Quindi non l-aderenza ad una cultura conclamata ma piuttosto outsider. Viene da sé che un asperger non cerca una cultura perché non sente il bisogno o forse pur sentendolo ... non riesce ad amalgamarsi, amalgama che invece riesce bene agli aspies. Mia opinione, quindi inutile portarmi esempi di quanto questo non sia, quanto sopra è espressione del mio vissuto. Quindi, nessuno oltre a me può esprimere come vivo e sento uno o più termini, pur se in contrapposizione con la maggioranza.
@poke la "cultura dell'unicità", oltre ad essere di per sé una contraddizione, è un pessimo surrogato della vera unicità. Mi ricorda un po' i raduni dei sosia di Elvis Presley
("Caducità delle umane cose!" - considerazione indifferentemente attribuibile a Umani e Non)
Lo scopo della diagnosi dovrebbe essere proprio quello di fornirti gli strumenti per "perderla" (con terapia e/o lavoro personale sulle difficoltà).
@Landauer aspetta un attimo però, perché in qualche modo trovo questa cosa un controsenso. Per la mia logica ci sono due possibilità, che sono diverse:
a) la diagnosi è basata sulle difficoltà, è fatta per fornire gli strumenti per 'perderla'. Ma allora di conseguenza la diagnosi 'sindrome di Asperger/autismo' non riconosce il fatto di essere solo 'diversi', di avere una visione diversa del mondo, di avere delle connessioni differenti nel cervello, e concetti simili che si dicono su essa. Anzi, è come identificare una malattia dai sintomi e curarla. Perdi la diagnosi e quindi sei di nuovo a posto, guarito, normale, neurotipico. E allora come si concilia il tutto con i concetti del "autistici si nasce e ci si muore", "dall'autismo non si guarisce", ecc.?
oppure
b) la diagnosi identifica un diverso funzionamento tramite la ricerca di sintomi che appaiono vivendo, da diversi, in un mondo neurotipico, ovvero popolato da persone con diverso 'modo di essere/ragionare'. Si baserebbe su analisi fisiche se ce ne fosse la possibilità/tecnologia? non lo so, ma avrebbe un senso credo.
Dopo la diagnosi ti fornirebbero gli strumenti per poter vivere da ND in un mondo NT. I 'sintomi' negativi scomparirebbero. Resterebbero quelli positivi.
Ma se b) fosse vero, allora la diagnosi non sarebbe persa, perché come ho letto spesso, si nasce e si muore così. E anche perché mi pare che i 'sintomi' che vengono identificati per la diagnosi non sono solo le difficoltà, ma anche le parti positive. O mi sbaglio?
In breve, la diagnosi identifica i problemi dell'Asperger in un mondo NT oppure identifica che una persona funziona in un certo modo che si chiama Asperger?
Spero di essere riuscita a dare un senso al perché mi sento spaesata e confusa.
Mi vengono in mente anche altre curiosità: mi dicono che qui nel forum questa distinzione di significati tra Asperger e Aspie sia arrivata da poco. È qualcosa che si sta discutendo solo qui?
E come è la situazione a livello internazionale? Per esempio, anche in USA/Canada fanno queste distinzioni? E nel resto d'Europa? Leggendo sui gruppi di altre nazioni non mi sembrava di aver colto questi ragionamenti sul significato.
Come è nata questa 'questione' se inizialmente il significato del termine Aspie era quello di Asperger?
@Marcof riusciresti ad essere più specifico? Dove si trova 'la sottocultura Aspie'? Agli incontri? Nei film?
La 'sottocultura gay' per esempio, è chiara: ci sono assunti di base, correnti di pensiero contrapposte, portavoce, feste e simboli. La 'sottocultura Metal' per esempio ha come assunto di base l'ascoltare musica Metal, poi ci sono le varie correnti di pensiero, death metal, thrash, heavy, hair, ecc ecc, ci sono i simboli condivisi (le corna, il pentacolo, il vestiario che a sua volta raccoglie simboli specifici per ogni genere, e permette di riconoscercisi e riconoscersi a vicenda, ecc), ci sono le feste (i concerti).
Non riesco ad identificare una 'sottocultura Aspie' presente e riconoscibile a livello mondiale/internazionale tale da meritare una definizione a sé stante :-?
Qualcosa mi sfugge, e non vorrei sembrare pedante... ma ormai avete acceso la mia curiosità
La diagnosi identifica le persone che rispettano i requisiti per rientrare nello spettro autistico (punteggio sopra la soglia in un certo numero di campi) TALI CHE diano difficoltà cliniche, gravi, invalidanti.
La condizione autistica è a ombrello, dunque in linea di principio ogni persona, anche la "più NT", ha un quoziente autistico >= 0.
Però, stando a quanto leggo sul sito, in genere le persone che ricevono la diagnosi di sindrome di AS sono ben sopra la soglia di cutoff nei vari parametri, ovvero sono "ben dentro" lo spettro autistico.
Mi aspetto che questo sia vero perché la maggior parte delle persone che fa la diagnosi per sindrome di AS ha delle difficoltà/disabilità gravi che suggeriscono un'appartenenza allo spettro autistico ben oltre la soglia minima d'ingresso (in cui ci si aspetta che le difficoltà non siano così invalidanti).
Inoltre, si dice che alla base del diverso funzionamento di una mente AS ci sia una diversità nel cervello.
In linea di principio, diresti, sarebbe possibile valutare l'appartenenza o meno allo spettro autistico tramite analisi organiche della struttura del cervello. Questo presupporrebbe la possibilità di inferire una "qualità" misurabile in comune a tutti i cervelli autistici, una conformazione particolare rilevabile in maniera significativa. Questo, però, mi pare non sia possibile in quanto il cervello umano in generale, autistico e non, è l'organo a variabilità più alta di tutti. Analizzando cervelli di individui autistici non si rilevano costanti significative nella struttura. Eventuali diversità "costanti" sono smarrite nel rumore di fondo della variabilità.
Inoltre, se anche i cervelli autistici fossero caratterizzati da qualche particolarità comune, dovresti escludere tutti i casi in cui tali particolarità siano prodotte da condizioni diverse dall'autismo: per esempio, quando si discuteva della teoria del Fragile Brain, si faceva notare che in qualche cervello autistico ed epilettico non autistico si rilevavano delle microlesioni comuni a livello della glia.
Dunque stesso "danno" cerebrale che porta a due sviluppi diversi. (È una teoria, un esempio)
Se anche fosse possibile individuare una caratteristica comune a tutti i cervelli autistici, si avrebbe il grande problema di dimostrare che essa è comune ai soli cervelli autistici, altrimenti non puoi dedurre un bel niente.
Dunque no, ad oggi non è possibile capire se un individuo è o no autistico misurando qualche parametro organico nel cervello.
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Per concludere, la diagnosi identifica una persona autistica con un cervello neurodiverso che ha problemi di carattere clinico invalidanti.
Quando la "perdi" vuol dire che esci dalla condizione "clinica", divenendo funzionale, ma il tuo cervello rimane autistico.
In tal senso perdi la diagnosi, non perdi la condizione di base, non perdi il tuo funzionamento neurodiverso
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Credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti allo studio. Per forza.
Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smani di sapere. [...] comincerai ad andare sempre più vicino, se sai volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo,
a quel genere di conoscenza che sarà cara, molto cara al tuo cuore. Tra l'altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini
abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d'incitamento e di stimolante. [J.D.Salinger - Catcher in the Rye]
Lo scopo della diagnosi dovrebbe essere proprio quello di fornirti gli strumenti per "perderla" (con terapia e/o lavoro personale sulle difficoltà).
Essere asperger è diverso da dire ho l'asperger ed in questa sottigliezza c'è il senso di affrontare il percorso diagnostico. Si è in presenza di un diverso funzionamento ma c'è la necessità di capire il funzionamento della società nt. Il processo di comprensione consapevolezza è la terapia. Che transita dallo studio di sé stessi, nella propria unicità, a quello dei comportamenti ed il sentire tipico. Nell'imparare in modo cognitivo quello che altri apprendono per istinto. Questo veicolato dal confronto con un professionista. Non perché vi sia da curare una differenza, piuttosto perché ci sia un osservatore esterno che ti insegni a tirar fuori anche i tuoi aspetti positivi facendo leva su qualità intrinseche di un asperger (il ragionamento). Ed in questo torniamo alla discussione, quello che sento è che un asperger combatte ogni momento per emergere fuori, dal mondo esterno che ha interizzato, verso il.mondo così come gli altri lo vedono, seppur continua ad apparirgli strano. In quanto ha difficoltà oggettive che gli rendono estremamente difficili i rappprti sociali. Un aspie almeno per come mi appare, mi dà l'idea di un individuo che ha trovato nella definizione un habitat in cui esprimersi ma che essendo ben o mediamente o sufficientemente inserito nel contesto, ha minore necessità di effettuare il percorso. Ad un aspie è sufficiente trovare altro aspie, un ambiente aspie, un asperger no. Cerca e scava il modo per imserirsi in un contesto nel quale ha difficoltà ad inserirsi. È una difficoltà a prescindere, un sentirsi alieno sia in terra che tra gli alieni. Ma ha in sé l'ostinazione del ragionamento continuo che gli impone di trovare la soluzione. Non si accontenta di un'appartenenza fittizia, continua a sfidare sé stesso e la sia ragione.
@Mind_Traveller statistcamente la cultura aspie la trovi ovunque si parli di asperger in presenza di vita dai connotati normali. Ci sono pure eccezioni, ma se senti parlare un adulto sistemato e asperger ti puoi aspettare già a priori quale sia la sua cultura autistica Però mi danno fastidio solo quelle cerchie dove si difende il riconoscimento e si incoraggia la diffusione della cultura aspie. Su Facebook conosco un gruppo dove diversi utenti hanno postato le foto della loro diagnosi, perché trovandosi a diffondere la loro cultura tra perfetti sconosciuti hanno trovato molto scetticismo.
Mi intrometto per una piccola precisazione. Uscire da una diagnosi clinica, da quello che ho visto, non significa affatto guarire, bensí la cessassione dei cosiddetti comportamenti disfunzionali. Quindi deduco che un Asperger che perde la diagnosi non diventa un NT o simili, si approccia in modo funzionale alle sue debolezze. Mi spiego: facciamo finta che X ogni volta che sta in mezzo a tanta gente abbia un meltdown. Fa terapia e smette di averne -> non ha più tratti clinici -> perde la diagnosi. X allora amerà la folla? NO. Continuerà a star male, ma attraverso delle strategie riesce a superare il momentaccio senza dare (troppo) nell'occhio, in maniere socialmente accettabile. Però personalmente non credo che diventi Aspie. Leggendovi credo che abbia ragione chi paragona Asperger/Aspie ad omosessuale/gay.
Il dubbio sulla possibilità di diventare NT forse si pone quando il tizio X non ha meltdown in mezzo alla folla neanche di natura. Facciamo che abbia una ToM sballata, fa terapia e assimila la mentalità tipica. In quel caso lo si può considerare un naturalizzato neurotipico?
La terapia può far assimilare la mentalità tipica? Io certe cose sono riuscita a comprerne il significato, ma da "esterna" (non so come spiegare). Cioè, le capisco ma non le sento. E a me è stato detto che non le sentirò MAI, ma il fatto che posso usare la ragione e arrivare al medesimo risultato, sebbene usi una strada diversa, va bene comunque.
Mi vengono in mente anche altre curiosità: mi dicono che qui nel forum questa distinzione di significati tra Asperger e Aspie sia arrivata da poco. È qualcosa che si sta discutendo solo qui?
E come è la situazione a livello internazionale? Per esempio, anche in USA/Canada fanno queste distinzioni? E nel resto d'Europa? Leggendo sui gruppi di altre nazioni non mi sembrava di aver colto questi ragionamenti sul significato.
Come è nata questa 'questione' se inizialmente il significato del termine Aspie era quello di Asperger?
Non so a livello internazionale ma ufficialmente, cioè per quanto riportato nella letteratura di riferimento (che al momento è il DSM-V: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders - 5th ed.), non vi è alcuna distinzione tra "asperger" e "aspie" perché il secondo termine semplicemente non esiste.
Se non ricordo male, la 'questione', come la chiami tu, qui è nata per distinguere quelli che hanno una diagnosi di asperger da quelli che hanno ricevuto una diagnosi di "asperger subclinico". In una discussione simile a questa, si arrivò alla conclusione che, per maggior chiarezza, i secondi potevano/dovevano essere identificati come "aspie", non avendo difficoltà invalidanti che potessero includerli nell'insieme degli asperger "de facto".
Da notare che il DSM-V non fa alcun riferimento neanche alla condizione "sub-clinica" - al contrario dell'edizione precedente, nella 5 una persona o è asperger o non lo è.
Immagino sia (anche) per questo che non trovi riferimenti alla distinzione asperger/aspie al di fuori di questo forum.
Grazie per le risposte. Mi sono chiarita le idee sulla diagnosi finalmente, anche se a mio parere, per come ragiono io, tante cose sono un controsenso totale, non hanno un senso logico (spesso è così, me ne farò una ragione ).
Scusatemi, mi sembra di non riuscire a trasmettervi le mie perplessità, anche se nella mia testa sembrano così palesi, ma non vorrei sembrare insistente.
Per la questione Asperger/Aspie credo che smetterò di usare il termine Aspie totalmente così da non creare confusione e fraintendimenti (mi sembra l'unico modo di chiuderla semplicemente), e quando lo leggerò terrò presente possibili significati alternativi. Per fortuna sembrerebbe limitata al forum questa interpretazione, quindi in realtà è un problema circoscritto.
@Blind Da quello che ho letto nel DSM-5 non c'è proprio l'Asperger... sbaglio?
@Mind_Traveller hai ragione, ci sono imprecisioni (errori, se vuoi) nel mio post che non posso correggere, causa policy del forum.
Nel DSM-V non si fa riferimento neanche a "la Sindrome di Asperger". Le persone che, secondo il DSM IV, erano diagnosticate come 'asperger' dovrebbero, secondo il DSM V, essere diagnosticate come persone con 'disturbi dello spettro autistico'.
Anche dire "sono/sei asperger" avrebbe quindi poco senso (da un punto di vista medico, almeno) facendo riferimento ad una definizione ormai desueta, sebbene comoda per noi "comuni mortali".
Commenti
Scusatemi, probabilmente ho ancora molto, molto da capire e da leggere.
@Marcof
Ma in pratica cos'è, dove sta, questa cultura Aspie? Mai sentita/vista! Cosa la definisce? Come si esprime? Chi sono i portavoce principali? E il loro simboli? E il loro pensiero comune di base?
Viceversa, aver avuto almeno una o entrambe le cose può invalidare la diagnosi, secondo te?
(perché, in tal caso, molti degli utenti del forum che sono stati diagnosticati - prima o dopo l'iscrizione al forum stesso - potrebbero non essere "veri" asperger...)
:-?
Asperger declinato al femminile o al maschile probabilmente presentano leggere differenze, ma se ti riferisci al fatto che una femmina sia aspie solo per relazioni sentimentali, devi tener presente che una femmina (minimamente gradevole) riceve continuamente approcci.
Per la femmina sarebbe più corretto parlare di difficoltà a mantenere relazioni sentimentali.
Per quanto riguarda la mia opinione, c'è una grande differenza tra essere Asperger e Aspie.
Simile a quella espressa da @Pavely
Un Asperger sostanzialmente si identifica in sé stesso, un Aspie ricerca una cultura di appartenenza. È evidente che nel primo caso vi è una minore tendenza alla socializzazione, nel secondo caso si tratta di individui simili a quell'oscuro e misterioso individuo sociale chiamato neurotipico.
Quindi non è neanche totalmente corretto chiamarli nt.
Nel primo caso si è escluso o ci si sente esclusi sia dai nt che dagli Asperger, nel secondo caso ci si identifica negli Aspies e vi si trova un punto di socializzazione/amalgama.
Per onestà sarebbe il caso prima di rispondere al quesito, esplicitare se ci si sente aspie o asperger.
Io attualmente, non mi sento né l'uno né tanto meno l'altro.
Non ne ho idea di come funziona la nomenclatura in quei casi.
Però sì, secondo me ci vorrebbe più calma e riservatezza, aiutarsi a vicenda senza formare un pride assorbente e senza paragonarsi a chi non riesce a rispettare le tappe.
Qualche tempo fa aprii una discussione chiedendo cosa fosse la cultura autistica, esso andò quasi deserto, quindi rimango con la domanda accesa.
Qualche risposta l'ho trovata nel libro Autismo e talento, in cui ci sono esempi di cultura autistica nel modo in cui lo hai espresso tu.
Quindi non l-aderenza ad una cultura conclamata ma piuttosto outsider.
Viene da sé che un asperger non cerca una cultura perché non sente il bisogno o forse pur sentendolo ... non riesce ad amalgamarsi, amalgama che invece riesce bene agli aspies.
Mia opinione, quindi inutile portarmi esempi di quanto questo non sia, quanto sopra è espressione del mio vissuto. Quindi, nessuno oltre a me può esprimere come vivo e sento uno o più termini, pur se in contrapposizione con la maggioranza.
@Landauer aspetta un attimo però, perché in qualche modo trovo questa cosa un controsenso. Per la mia logica ci sono due possibilità, che sono diverse:
Lo scopo della diagnosi dovrebbe essere proprio quello di fornirti gli strumenti per "perderla" (con terapia e/o lavoro personale sulle difficoltà).
Essere asperger è diverso da dire ho l'asperger ed in questa sottigliezza c'è il senso di affrontare il percorso diagnostico.
Si è in presenza di un diverso funzionamento ma c'è la necessità di capire il funzionamento della società nt.
Il processo di comprensione consapevolezza è la terapia. Che transita dallo studio di sé stessi, nella propria unicità, a quello dei comportamenti ed il sentire tipico. Nell'imparare in modo cognitivo quello che altri apprendono per istinto. Questo veicolato dal confronto con un professionista.
Non perché vi sia da curare una differenza, piuttosto perché ci sia un osservatore esterno che ti insegni a tirar fuori anche i tuoi aspetti positivi facendo leva su qualità intrinseche di un asperger (il ragionamento).
Ed in questo torniamo alla discussione, quello che sento è che un asperger combatte ogni momento per emergere fuori, dal mondo esterno che ha interizzato, verso il.mondo così come gli altri lo vedono, seppur continua ad apparirgli strano.
In quanto ha difficoltà oggettive che gli rendono estremamente difficili i rappprti sociali.
Un aspie almeno per come mi appare, mi dà l'idea di un individuo che ha trovato nella definizione un habitat in cui esprimersi ma che essendo ben o mediamente o sufficientemente inserito nel contesto, ha minore necessità di effettuare il percorso.
Ad un aspie è sufficiente trovare altro aspie, un ambiente aspie, un asperger no. Cerca e scava il modo per imserirsi in un contesto nel quale ha difficoltà ad inserirsi.
È una difficoltà a prescindere, un sentirsi alieno sia in terra che tra gli alieni. Ma ha in sé l'ostinazione del ragionamento continuo che gli impone di trovare la soluzione.
Non si accontenta di un'appartenenza fittizia, continua a sfidare sé stesso e la sia ragione.
Però mi danno fastidio solo quelle cerchie dove si difende il riconoscimento e si incoraggia la diffusione della cultura aspie. Su Facebook conosco un gruppo dove diversi utenti hanno postato le foto della loro diagnosi, perché trovandosi a diffondere la loro cultura tra perfetti sconosciuti hanno trovato molto scetticismo.
Uscire da una diagnosi clinica, da quello che ho visto, non significa affatto guarire, bensí la cessassione dei cosiddetti comportamenti disfunzionali.
Quindi deduco che un Asperger che perde la diagnosi non diventa un NT o simili, si approccia in modo funzionale alle sue debolezze.
Mi spiego: facciamo finta che X ogni volta che sta in mezzo a tanta gente abbia un meltdown.
Fa terapia e smette di averne -> non ha più tratti clinici -> perde la diagnosi.
X allora amerà la folla?
NO.
Continuerà a star male, ma attraverso delle strategie riesce a superare il momentaccio senza dare (troppo) nell'occhio, in maniere socialmente accettabile.
Però personalmente non credo che diventi Aspie.
Leggendovi credo che abbia ragione chi paragona Asperger/Aspie ad omosessuale/gay.
Io certe cose sono riuscita a comprerne il significato, ma da "esterna" (non so come spiegare).
Cioè, le capisco ma non le sento.
E a me è stato detto che non le sentirò MAI, ma il fatto che posso usare la ragione e arrivare al medesimo risultato, sebbene usi una strada diversa, va bene comunque.
Se non ricordo male, la 'questione', come la chiami tu, qui è nata per distinguere quelli che hanno una diagnosi di asperger da quelli che hanno ricevuto una diagnosi di "asperger subclinico".
In una discussione simile a questa, si arrivò alla conclusione che, per maggior chiarezza, i secondi potevano/dovevano essere identificati come "aspie", non avendo difficoltà invalidanti che potessero includerli nell'insieme degli asperger "de facto".
Da notare che il DSM-V non fa alcun riferimento neanche alla condizione "sub-clinica" - al contrario dell'edizione precedente, nella 5 una persona o è asperger o non lo è.
Immagino sia (anche) per questo che non trovi riferimenti alla distinzione asperger/aspie al di fuori di questo forum.
Mi sono chiarita le idee sulla diagnosi finalmente, anche se a mio parere, per come ragiono io, tante cose sono un controsenso totale, non hanno un senso logico (spesso è così, me ne farò una ragione
Da quello che ho letto nel DSM-5 non c'è proprio l'Asperger... sbaglio?
Nel DSM-V non si fa riferimento neanche a "la Sindrome di Asperger".
Le persone che, secondo il DSM IV, erano diagnosticate come 'asperger' dovrebbero, secondo il DSM V, essere diagnosticate come persone con 'disturbi dello spettro autistico'.
Anche dire "sono/sei asperger" avrebbe quindi poco senso (da un punto di vista medico, almeno) facendo riferimento ad una definizione ormai desueta, sebbene comoda per noi "comuni mortali".