Domande e risposte tra AS e NT
Salve, , vi scrivo perché vorrei sapere da voi se ritenete che ci siano caratteristiche dello spettro autistico in questa storia ed eventualmente un parere su una eventuale diagnosi.
Ho avuto una relazione durata più di un anno con un uomo (siamo entrambi intorno ai 50 anni) che fin da piccolo è sempre stato considerato strano (esempio alle elementari invece di giocare a ricreazione, andava in biblioteca e studiava i geroclifici) e lo è tuttora, infatti è stata proprio la sua stranezza ad attrarmi tanto e farmene innamorare.
Con il passare del tempo però alcune caratteristiche si sono rivelate fonte di incomprensioni e di sofferenza, non parlo tanto del fatto che non è in grado di guidare (ha preso la patente ma poi non ha più guidato perché dice che riesce a concentrarsi sulla guida ma ha l'ansia di cosa succede intorno sia a livello di rumori che visivamente) oppure non ama uscire di casa, andare a fare un aperitivo o una cena fuori o un cinema... Essendo adulti e non conviventi alla fine io riuscivo comunque ad avere la mia vita sociale con il mio giro di amicizie, anche se un po' mi mancava la condivisione di certe esperienze. La cosa che mi ha fatto più stare male è stata il suo distacco emotivo ogni volta che era in ballo un discorso in cui avrei avuto solo bisogno di conforto e appoggio e invece mi rispondeva sempre andando a cercare i dati per quella situazione oppure facendo confronti distaccati con altre persone oppure riportando tutto a se stesso e a cose che erano successe a lui. Oppure il fatto che in ogni discussione alla fine doveva sempre dimostrare che la sua versione era quella più attinente alla verità sempre riportando dati e statistiche. Non so se questi sono tratti dello spettro autistico, altre cose che mi fanno pensare sono la sua assoluta incapacità a fare i regali, il fatto che non sopporta se alzo la voce e se succede sparisce per un po' perché la discussione lo destabilizza troppo; poi la notte non dorme ed è solito fare ricerche su vari argomenti oppure continua cose sue di lavoro; non gli dà fastidio il contatto fisico in generale, ma comunque non ama essere toccato troppo e neanche nessun tipo di effusione in pubblico, ha una camminata strana, è assolutamente geniale nel suo lavoro (programmatore e imprenditore) ma poi è imbranato se deve fare un pagamento al bar.
Rispetto a queste sue caratteristiche lui è molto tranquillo, nel senso che sa benissimo che è strano e si è costruito una vita compatibile con il suo modo di essere. Ha fatto anche dei test on line sull'autismo di sua spontanea volontà prima di conoscermi, ma il risultato non è mai venuto sopra un certo punteggio e poi, avendo avuto modo di lavorare nel suo ambiente con collaboratori autistici, lui dice che non è come loro e quindi non è autistico.
Scusate per il pippone, ma siccome mi dispiace tantissimo che questa relazione sia finita, il mio dubbio è che se io fossi stata più consapevole della sua condizione, avrei avuto più capacità di capire che il suo distacco non era menefreghismo? E una diagnosi, avrebbe potuto aiutare in questo senso? (Aiutare più la coppia che lui, perché alla fine lui è molto consapevole dei suoi limiti e dei suoi bisogni e di quello che può dare in un rapporto).
Ho avuto una relazione durata più di un anno con un uomo (siamo entrambi intorno ai 50 anni) che fin da piccolo è sempre stato considerato strano (esempio alle elementari invece di giocare a ricreazione, andava in biblioteca e studiava i geroclifici) e lo è tuttora, infatti è stata proprio la sua stranezza ad attrarmi tanto e farmene innamorare.
Con il passare del tempo però alcune caratteristiche si sono rivelate fonte di incomprensioni e di sofferenza, non parlo tanto del fatto che non è in grado di guidare (ha preso la patente ma poi non ha più guidato perché dice che riesce a concentrarsi sulla guida ma ha l'ansia di cosa succede intorno sia a livello di rumori che visivamente) oppure non ama uscire di casa, andare a fare un aperitivo o una cena fuori o un cinema... Essendo adulti e non conviventi alla fine io riuscivo comunque ad avere la mia vita sociale con il mio giro di amicizie, anche se un po' mi mancava la condivisione di certe esperienze. La cosa che mi ha fatto più stare male è stata il suo distacco emotivo ogni volta che era in ballo un discorso in cui avrei avuto solo bisogno di conforto e appoggio e invece mi rispondeva sempre andando a cercare i dati per quella situazione oppure facendo confronti distaccati con altre persone oppure riportando tutto a se stesso e a cose che erano successe a lui. Oppure il fatto che in ogni discussione alla fine doveva sempre dimostrare che la sua versione era quella più attinente alla verità sempre riportando dati e statistiche. Non so se questi sono tratti dello spettro autistico, altre cose che mi fanno pensare sono la sua assoluta incapacità a fare i regali, il fatto che non sopporta se alzo la voce e se succede sparisce per un po' perché la discussione lo destabilizza troppo; poi la notte non dorme ed è solito fare ricerche su vari argomenti oppure continua cose sue di lavoro; non gli dà fastidio il contatto fisico in generale, ma comunque non ama essere toccato troppo e neanche nessun tipo di effusione in pubblico, ha una camminata strana, è assolutamente geniale nel suo lavoro (programmatore e imprenditore) ma poi è imbranato se deve fare un pagamento al bar.
Rispetto a queste sue caratteristiche lui è molto tranquillo, nel senso che sa benissimo che è strano e si è costruito una vita compatibile con il suo modo di essere. Ha fatto anche dei test on line sull'autismo di sua spontanea volontà prima di conoscermi, ma il risultato non è mai venuto sopra un certo punteggio e poi, avendo avuto modo di lavorare nel suo ambiente con collaboratori autistici, lui dice che non è come loro e quindi non è autistico.
Scusate per il pippone, ma siccome mi dispiace tantissimo che questa relazione sia finita, il mio dubbio è che se io fossi stata più consapevole della sua condizione, avrei avuto più capacità di capire che il suo distacco non era menefreghismo? E una diagnosi, avrebbe potuto aiutare in questo senso? (Aiutare più la coppia che lui, perché alla fine lui è molto consapevole dei suoi limiti e dei suoi bisogni e di quello che può dare in un rapporto).
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Commenti
Opinioni? si lui lo è, ma sta bene, ha una vita perfetta con i suoi limiti che conosce, non serve nessuna diagnosi.
Tu dovresti essere una santa donna per sopportare tutte le sue particolarità, sicuramente è strambo, ma a modo suo ti vuole ancora bene, più che chiunque altro al mondo possa volerti bene.
Ciao, risentilo!
Ah ah, magari andasse come nella serie! Sono d'accordo sulla non necessità di una diagnosi, alla fine sarebbe stata utile semmai a me per capire meglio certi suoi comportamenti e non arrivare a questo punto. Speriamo che non sia troppo tardi. Grazie!!!
Lo è, decisamente.
Ci vuole tanta tanta fatica ad aver a che fare con noi. E devo dire che mi schiero ogni giorno di più dalla parte di chi ci deve sopportare. Siamo persone difficili, piene di limiti, e nonostante facciamo finta di stare bene con questi limiti, la verità è che non sappiamo come cambiare o troviamo troppo faticoso farlo.
A mio parere si, sarebbe bello risentirlo e riprovarci, ma anche lui dovrebbe fare la sua parte per superare certi limiti e migliorarsi. Siamo asperger, ma non dobbiamo usarla come scusa per ferire chi ci sta vicino o chiuderci dietro i nostri schemi e le nostre stranezze, senza concederci nessuna possibilità di crescita.
Insomma, se posso essere diretto: non fartene una colpa e non fare la martire. Lui ha i suoi problemi, e se volesse impegnarsi potrebbe risolverne buona parte o per lo meno andarti incontro in varie cose, ma evidentemente ha trovato il suo equilibrio nel tempo.
Quello che hai descritto è un quadro che potrebbe anche peggiorare... e non hai idea di cosa potrebbe aspettarti in una eventuale convivenza! Non voglio scoraggiarti, ma metterti davanti al fatto che non sei tu che hai troppe pretese e che lui potrebbe effettivamente lasciarsi andare un po'. Non siamo sculture di granito immutabili, ma spesso ci comportiamo come se lo fossimo, e questo è uno dei nostri più grandi problemi... Se provi a mutare la sua forma con martello e scalpello, gli farai male e si allontanerà. Se fossi come l'acqua potresti ottenere buoni risultati, ma ti ci vorrebbe tempo e dovresti stare molto attenta alle modalità con cui lo fai (leggasi "non alzare mai la voce o butteresti all'aria molti progressi").
Spero di averti fornito un punto di vista differente e su cui poter riflettere.
L'amore dev'essere semplice, altrimenti è solo agonia e rincorsa.
Prova a guardare la persona oltre l'autismo. Se anche avessi trovato un modo di comprenderlo e così facendo fosse svanito ciò che vi teneva distanti, mancava qualche altra cosa? Che so, un'attrazione mentale da parte di entrambi o una cosa di questo tipo.
Forse ci sta guadagnando anche lui! Il mio dubbio rimane solo sul fatto che a volte sembra più un problema di traduzione tra i nostri due modi di comunicare, più che sulle nostre reciproche intenzioni di volerci ferire a vicenda.
Comunque mi hai fatto venire in mente un film: Qualcosa è cambiato. Con jack nicholson.
Credo però sia successo per un motivo: io l'ho resa partecipe di tutto ciò che mi accadeva, dei miei pensieri, dei miei turbamenti e del mio impegno quotidiano per superare fisime, nevrosi, tristezze improvvise e ansie.
Ovviamente tutto ciò è successo per gradi, l'avessi fatto dal primo giorno credo sarebbe scappata senza voltarsi indietro.
Quando parli di lui come di una persona che davanti a un tuo problema parla di una sua esperienza, mi ci rivedo tantissimo.
Per me ha una spiegazione: lo facevo per far capire all'altra persona che so cosa sta passando e che siamo simili, possiamo capirci.
Questo ovviamente non funziona, perché a quanto ho capito tra NT non funziona così, o per lo meno prima di comunicare la propria esperienza bisogna ascoltare in modo attivo e mostrare delle emozioni. Ho imparato a fare anche questo, perché ho capito che sbagliavo e che le persone si stizzivano quando dopo un loro racconto o l'esposizione di una loro problematica, io procedevo con la mia quasi fosse una gara. Che fesso. Una volta capito il meccanismo ho pure capito perché risultavo freddo e distaccato, ma il punto è che non ne avevo idea, e raccontare la mia esperienza mi sembrava un ottimo modo di partecipare alla conversazione e far sentire l'altro capito.
Lo stesso vale per i fraintendimenti: non sai quante volte dicevo una cosa e veniva recepito il contrario. Lì non so, sono modi diversi di comunicare, io ragiono molto per immagini e intuizioni, e cerco di comunicarle. Non sempre funziona, ma è una questione di pratica e di conoscenza, ci vuole tanto tempo prima di capirsi. E soprattutto mi pare di capire che gli asperger sono parecchio ostinati, testardi e rigidi. Quindi uscire dai propri schemi e tentare di farsi capire con il linguaggio dell'altro è difficile, invece vorremmo sempre che la nostra lingua venisse capita e tradotta dagli altri senza difficoltà, per sentirci accettati. Ma questa è una mera illusione, solo un esperto potrebbe capire cosa intendiamo facendo le giuste domande. A volte dobbiamo scendere dal piedistallo e andare incontro agli altri, senza pretendere che siano sempre loro a tradurci.
Perché anche se non c'è mai stata una diagnosi, lui ha sempre messo chiaro fin da subito il suo essere strano e atipico, tanto da definirsi "alieno" e sebbene io avessi collegato questa atipicità esclusivamente al suo stile di vita, idee politiche e abitudini sociali (cose che non mi avevano allontanato ma, anzi, mi avevano affascinato) e non invece al suo modo di formulare pensieri ed emozioni, alla fine piano piano ci sono arrivata a capire che il fatto che mi tenesse lì per ore fino a che un certo discorso non gli tornasse, era il suo modo per dirmi quanto io fossi importante per lui.
Voglio dire, alla fine, come dimostra anche il tuo matrimonio, è possibile trovare il punto di incontro tra le due lingue, ma il problema della distanza e del vedersi una volta ogni due/tre settimane, è davvero insormontabile. E questo del resto è un problema trasversale a tutti i tipi di coppie di tutte le combinazioni che la natura umana possa regalare.
Ho bisogno della presenza dell'altra, di conoscere le sue radici e di intrecciarle alle mie. La distanza fisica diventa distanza emotiva.
Avrei invece delle ultime cose da chiedere su alcuni tratti che non avevo descritto all'inizio, tipo il camminare in modo strano, quasi saltellante in punta di piedi; ascoltare solo un genere musicale, molto particolare in quanto sottogenere di un altro e solo quello; grande capacità di adattamento purché si ricrei il suo angolo con il computer e i 3 schermi che gli servono per lavoro, svago e socialità (ad esempio ha vissuto 3 anni con dei cinesi per via della fidanzata di un tempo, ma si era ricreato il suo ufficio in quella casa); difficoltà ad apprezzare le canzoni con le parole e soprattutto impossibilità di imparare le canzoni; non chiamare mai al telefono e non solo con me ma con tutti, amici e genitori da sempre; indifferenza verso il cibo nel senso che non è selettivo ma potrebbe mangiare un piatto di lasagne oppure un tozzo di pane o cibo cinese e per lui è uguale; scordarsi di mangiare se non mette un avviso; non capire il senso di andare a fare un aperitivo con gli amici... Mi viene un po' di nostalgia ora... Ma attenzione, non è che io mi ci sento legata perché voglio fare la crocerossina stile "io lo salverò" "non troverà una che lo ami come lo amo io"... No no, a me proprio manca lui per come è, perché ci stavo proprio bene insieme, mi divertivo e non mi annoiavo mai, sarà proprio difficile lasciarlo andare
Tutti quegli atteggiamenti sì, sanno di asperger... ne avevo mille dello stesso genere, anche se alcuni opposti. Ad esempio io ascoltavo solo canzoni ed odiavo la musica senza parole, ritenendola inutile e priva di trasmettere emozioni, ma ho una grandissima capacità di ricordare una canzone, tanto che mi basta ascoltarla una volta per ricordare tutta l'intonazione e poche volte per ricordare tutte le parole.
Oggi ho abbandonato quei limiti e anche la musica senza parole può piacermi tanto.
Purtroppo l'uomo di cui parli si è barricato dietro ai suoi limiti e non vuole saperne di abbandonarli, e ha capito benissimo che stare con te, o con chiunque altro probabilmente, significa essere flessibili e scendere a patti. Devi capire che se non scende a patti con te, non è perché ti manca qualcosa, ma perché manca a lui. Gli mancano il coraggio, o la determinazione, o la voglia, o la motivazione (non vedendo i benefici futuri, tipico nostro) per mettersi in gioco veramente in una relazione.
Vai avanti, pensa ad altro, distraiti, incontra altre persone... troverai qualcuno con cui starai meglio, vedrai.
L'ho detto e lo ripeto: l'amore deve essere semplice, ci si deve trovare bene, senza troppe liti, senza troppi casini. Quando stai bene con una persona, anche se non te ne innamori subito, dopo arriva l'amore vero, quello in cui ci si vuole bene e ci si accetta.
O almeno, per me è così... mi sa che farò un post per indagare come la pensano gli altri.
Io penso che con una convivenza totale o parziale, sarebbe venuta fuori anche la sua capacità di essere flessibile e scendere a patti, ma è come se ci fosse bisogno di una persona presente che lo stimoli in quel senso. Con la nostra distanza siderale è come se lui non ha mai potuto mettersi alla prova per superare questi suoi limiti, perché si trascorrevano due/tre giorni insieme e poi ognuno di noi ripiombava - più per forza di cose che per volontà - nella sua quotidianità (la sua fatta del suo "bunker" per usare le parole di una delle sue uniche due amiche e la mia fatta di lavoro su turni e una figlia di cui occuparmi da sola perché sono ragazza madre) e quindi è come se si rimanesse sempre al punto di partenza, non si va mai avanti.
Ma come dicevi te un po' di post fa, non è colpa di nessuno dei due.
Grazie ancora per l'ascolto, la comprensione e la condivisione di vedute ed esperienze.
Poi, ammesso e non concesso di aver capito cosa sta provando l'altro, abbiamo difficoltà a restituire una risposta adeguata sul piano emotivo. Oppure proprio non capiamo, ci viene presentato un problema e la cosa più ovvia è offrire una possibile soluzione. O ancora, riconosciamo il bisogno emotivo altrui ma per noi è troppo oneroso e quindi ci spostiamo su un terreno per noi più confortevole.
Per arrivare alla tua domanda:
Anche se tu avessi capito prima le sue caratteristiche in che modo ti avrebbe aiutato a fare andare meglio la relazione? Sapere che quello è il suo modo per interessarsi a te sarebbe stato sufficiente a soddisfare i tuoi bisogni affettivi? Da ciò che scrivi a me sembra che lui stia bene così e che non avverte la necessità di elaborare ulteriormente il suo modo di vivere l'affettività o come scrivi tu di "scendere a patti". Forse, e magari non ne è consapevole, pure la distanza è funzionale al suo modo di vivere una relazione.
A questo proposito una nota scomoda: per alcuni di noi il distacco è un qualcosa che per tanti NT ha un che di spiazzante. Possiamo passare dal vedere una persona abitualmente a sparire, apparentemente senza un perché. Se non abbiamo occasioni che ci portano a frequentare gli altri (per esempio frequentare gli stessi luoghi, l'essere spronati continuamente con richieste di appuntamenti, ecc ecc) è come se si spegnesse l'abitudine al frequentare quella persona. Non smettiamo di volerle bene, solo non sentiamo la necessità di vederla.
Hai descritto benissimo quello che mi succede e che sento, e che non ho mai saputo descrivere.
SabMoc, son romantico, per me riuscite a tornare insieme, non dire mai che poi succede!
Se questo può essere vero anche per lui, ti dico di leggere questa discussione (ma forse è già troppo tardi per esserti utile):
https://forum.spazioasperger.it/discussion/6632/facciamo-chiarezza-sui-termini-empatia-compassione-e-simpatia/p1
@riot grazie per il link lo leggo ora! (Chissà se ad averlo letto prima le cose sarebbero andate diversamente... presente il film Sliding Doors? A questo punto voglio pensare che sia meglio non averlo letto e che mi si apra davanti una nuova possibilità)