Quello cui i nostri genitori non hanno (minimamente) fatto caso

Vorrei chiedere a quelli che sono stati diagnosticati (o si sono autodiagnosticati) da adulti: quali sono i tratti ND che avevate da bambini e che non solo non hanno portato a una valutazione medica, ma cui nessuno ha mai davvero fatto caso?
Lo chiedo perché leggo di genitori allarmati perché il bambino agita le mani, o cammina sulle punte dei piedi.
Ora, io queste cose da piccola le facevo, ma nessuno ha mai pensato meritassero attenzione; del tipo, neppure porsi il problema; se sventolavo le mani quando ero sovraeccitata, il commento era: "Guarda come è contenta". E non è che ai miei non importasse di niente perché se es avevo un meltdown ci facevano caso eccome.
Però ci sono comportamenti che vengono facilmente ignorati, salvo diventare oggetto di preoccupazione quando sono accompagnati da una diagnosi. Per cui viene da chiedersi se la loro qualifica di problematicità sia oggettiva o sorga solo quando sono identificati come "sintomi".
"The Enlightened Take Things Lightly" - Principia Discordia
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Ho iniziato a parlare un po' sui quattro anni, e, iniziamente con un vocabolario inventato da me. Non volevo essere abbracciato e coccolato, quando cadevo e mi facevo male non volevo essere consolato e respingevo i soccorsi. Mi portavo a letto dei rospi raccolti in giardino. Non so cosa ne pensassero i miei genitori perchè non glielo ho mai chiesto quando erano in vita. Ma a quei tempi non si sapeva niente.
Alcune mie parole: acqua=apà, automobile=maiai, mare=Uh. Ero bulimico. Naturalmente queste cose mi sono state riferite. Salvo i rospi che me li ricordo
Beh, ci facevano caso, ma di altri comportamenti non posso sapere. Inoltre non so quanto queste cose li preoccupassero o le considerassero solo delle bizzarrie quasi da riderci sopra un po', anche per esorcizzarle. E poi se ci sono delle anomalie si tende a nasconderle (anche adesso), finchè non comincia la scuola.
I genitori, se voglione bene ai loro bambini, notano le cose, "fanno caso", ma non capiscono e volgono al pittoresco. Ho ripescato un libro per bambini scritto da mia madre, dove mi ritrae col mio vocabolario incomprensibile, il mio amore per gli animali (i rospi del giardino erano per me i soli accessibili, non avevamo gatti o cani), e il mio starmene da parte. "Tutte le cose (hanno) due facce, una luminosa, e una oscura". Abituatevi a vedere il lato bello e chiaro e quando incontrate il lato oscuro, "pensate alla luce dall'altra parte". Diceva lei. La luce, in questo caso erano il mio mutismo e il mio "stare da parte". Il lato oscuro quando facevo qualche bizza per ragioni incomprese. Quando mia madre scriveva queste cose, Io, che ho letto solo di recente questo libro, stavo lasciando la casa dove non sopportavo di vivere.
Poi altri problemi più seri come una disfunzione al pancreas che nessuno sapeva a cosa fosse dovuta, coliti e disturbi vari all'intestino. Me ne verranno in mente altre...
contenta di come sono andate le cose però in effetti anch'io li avrei un
po' notati. Credo che sia successo che son passati inosservati per una
serie di concause e un po' anche per il fatto che cmq a scuola andavo
bene e che compensavo in molti altri modi forse. E poi con uno o due
compagni per volta riuscivo anche a socializzare abbastanza il
problema era quando si era in gruppo, nei giochi di squadra, ore di
ginnastica o nei classici gruppetti che si formavano durante
l'intervallo.
Mah, io a scuola andavo male. Arrivato a questo punto sono un po' più in grado di valutare le cose. Quanto e in che misura i miei genitori si interessarono ai miei risultati scolastici? e all'andamento della mia vita in generale? Non lo saprò mai esattamente perché mai ho potuto parlare con loro francamente, Non mi avrebbero mai detto quello che hanno fatto e come mi vedevano.Non ho lettere loro in cui si parli di me. Alcune cose le ho scoperte solo di recente, ma sono una picccola parte della storia. Ed è come se messomi in tarda età a decifrare la mia vita, scoprissi ogni tanto qualche piccolo tassello della storia. E' importante da ultimo vederci appena un po' più più chiaro. Per me è importante, è come se essendo entrato in una caverna sotterranea cominciassi un po' per volta a vederci nel buio, "Quel che resta del giorno" è meglio per me viverlo in maggiore chiarezza.
Se si vuol trarre una considerazione di qualche interesse anche per altri, e meglio sapere come va o è andata la vita, anche se si è adulti. Meglio prima che mai, almeno per me.
Allora, le mie stranezze da bimba sono pure state notate, ma non hanno mai pensato che forse c'era un motivo. A parte il camminare sulle punte, il fatto di non sopportare nulla sulla pelle e l'essere assolutamente imbranata, la cosa più bizzarra che mi raccontano e che non volessi assolutamente toccare la sabbia. Mai. Anche alle elementari mia mamma doveva riprendermi dall'acqua e portarmi sull'asciugamano, in modo che io non toccassi neanche per un momento quell'orribile polveraccia.
A scuola, ma penso che invece questo non sia mai stato notato, anch'io preferivo di gran lunga le lezioni alla ricreazione. Ricordo che mi sentivo spesso in disparte e non avevo idea di come socializzare. Che incubo...
A leggere e scrivere ho imparato presto, anche la matematica ho iniziato a farla prima delle elementari (ma non mi sono mai messa a moltiplicare numeri a 4 cifre a mente!!!), ma quello veniva ovviamente esaltato.
A volte penso che mia mamma alcune cose se le sarebbe dovute chiedere, ma sospetto fortemente che anche mia mamma sia nello spettro, per cui forse alcune cose (la sfera sociale intendo) non la notasse perché in fondo anche lei è un po' così, quindi può non esserle sembrato strano. E io credo di non aver mai accennato a casa il fatto che mi sentissi isolata a scuola.
Poi bisognerebbe spiegare meglio il senso del termine "particolare" ma non saprei coglierlo nello specifico.
Non saprei riportare episodi specifici, perchè non ho consapevolezza del perchè e del percome alcuni avessero sviluppato questo sguardo su di me. Ricordo con precisione solo un fatto: i primi due anni delle elementari li passai da sola non unendomi agli altri durante le ricreazioni e questo senza chiedermi nè sapere il perchè. Poi in modo del tutto spontaneo mi integrai. A scuola poi ero del tipo classico "è intelligente, può fare di più ma si perde costantemente nelle nuvole"
In generale la sensazione che avevo e ho continuato ad avere per un (bel) pò anche in seguito è che io e gli altri viaggiassimo su due binari paralleli che pur in modo diverso riuscivano a trovare un modo per comunicare. Poi tante sfumature mi sfuggono, e non saprei dire altro:)
Per rispondere alla tua domanda penso che prima di avere una diagnosi non si fa caso a certi comportamenti, poi quando arriva una diagnosi dicono 'ah ecco perché faceva così' , ma se le stesse cose le fa un bambino 'normale' nessuno dice niente.
I miei genitori hanno notato tutte le mie stranezze da bambina e da
adolescente... ma siccome mio padre era molto simile a me si concludeva
con un 'ha preso tutto dal padre'. Mia mamma ha tentato di portarmi da
uno psicologo da bambina, avrò avuto sui 10 anni, ma poi ha desistito
perché diceva che io non volevo collaborare, stavo zitta e non dicevo
niente... a quei tempi pure lo psicologo ha detto che era inutile
portarmi, nessuno ha mai pensato di fare indagini, altrimenti forse
avrei ricevuto qualche straccio di diagnosi. Ai tempi l'autismo vero e
proprio forse veniva riconosciuto, mentre un AS no.
Ho moltissimi ricordi di cose strane che facevo, e che oggi riporto tutte nel quadro autistico.
- mettersi a piangere quando un estraneo entrava in stanza (fino a 4, 5 anni);
- mettermi a piangere all'asilo quando coloravo con i pennelli (5 anni);
- andare a nascondermi se qualcuno veniva a casa (fino a 10 anni fa, ora non viene nessuno per fortuna);
- parlare "come una radio", fino a 6 o 7 anni e solo dentro casa;
- tanti tic nervosi, sia movimenti che versi (dai 7 ai 10 anni);
- problemini con la pipì, non di notte ma solo di giorno e a scuola (dai 6 ai 7 o 8 anni);
- ogni tanto balbettare;
- non voler uscire da casa da solo, a piedi o in bici (ancora oggi ci sono posti dove non vado);
- rifiuto di parlare il dialetto, anche a scuola dove faceva parte del programma;
- rifiuto di vedere e giocare con gli altri bambini (lasciavo i compagni a giugno e li rivedevo a settembre).
Di queste cose non ne ho mai parlato a nessuno, neanche a casa e neanche ora; anche a scriverle qui mi imbarazzano. Non so se tutte siano attinenti e per questo le ho scritte.
Pero' e' una risposta ingiusta, perche' fino all'adolescenza per loro ero fin troppo perfetta.
Una cosa che mi ha colpito tanto quando ho chiesto ai miei genitori di compilare il Cast e' stato il fatto che della mia socialita' da bambina (ovvero della non socialita') non sapessero dire nulla.
E io chiedevo: ma giocavo con qualcuno, avevo amichette o cose del genere?
e loro: noo ma tu non avevi tempo, eri troppo impegnata a studiare...come se fosse la cosa piu' ovvia del mondo.
Sono rimasta senza parole.
Quando ho letto della facilità con cui oggi si pongono le diagnosi e dell'attenzione che le mamme e gli insegnanti prestano oggi ai bambini, mi sono sorpresa anche io, ma allo stesso tempo sono stata contenta perché tutto ciò significa che oggi fortunatamente si presta più attenzione di un tempo ai piccoli, li si segue di più ed inoltre certi disturbi che un tempo erano sconosciuti o semi sconosciuti (come l 'Asperger) oggi non sono più di così improbabile diagnosi.
- I professori dicevano che ero strana e chiusa, che non mi capivano e non sapevano come prendermi. Dalla prima elementare fino alle superiori.
- Avevo problemi di socializzazione, nel senso che avevo pochi amici/amiche e spesso, con quelle che avevo, finiva in tragedia - soprattutto le donne: quando mi facevano qualcosa che non mi piaceva, le trattavo così freddamente sputtanando (passatemi il termine) tutti i loro truschini che ho fatto piangere diverse mie ex amiche.
- Avevo grossi problemi a relazionarmi fisicamente agli altri, soprattutto ai maschi, quando tutte le mie compagne sembrava coltivassero uomini nel giardino di casa.
- A volte mi fissavo talmente tanto su qualcosa che andavo a cercarmi informazioni varie ed eventuali, anche se avevo un'età davvero piccola (soprattutto cose scientifiche).
- A tre anni mia madre sostiene che, guardando le scatolette dei medicinali, sapessi ricollegarle alla pubblicità della tv. In realtà ora mi chiedo se fossero le immagini o avessi imparato vagamente a leggere il nome del farmaco (tipo Moment).
- In terza elementare ho avuto un momento di deficit di scrittura, nonchè avevo vuoti su come si scrivevano normalmente le lettere, per cui finivo per scrivere al contrario (da dx a sx, invece che da sx a dx).
E poi non so. I miei non si sono mai preoccupati, e neanche io fondamentalmente, fino a qualche anno fa.
Io ero una bambina fredda. Troppo fredda.
Alla fin fine, amici, ecco la verità: è tutta una supercazzola