I vostri genitori hanno mai capito che eravate "diversi" dal "normale"?

Ciao A tutti,
Un paio di mesi fa, dopo aver fatto il test, ho scoperto di essere Aspie. Sinceramente mi son sempre sentito "diverso" in quel che modo, un po' bizzarro. Ora mi sto chiedendo come i miei intorno non siano stati capaci di captare la mia particolarità che di certo ho più volte manifestato, soprattutto nell'infanzia. Per esempio mi hanno raccontato che, quando ero piccolo, avevo una fissa per le aspirapolveri tant'è che come regalo chiesi un'aspirapolvere (Folletto), disegnavo aspirapolveri e mi facevo disegnare aspirapolveri. Un altro esempio sta nel fatto che alle scuole medie, durante i riposi, restavo sempre in classe a leggere libri.
Un'altra questione che volevo porvi è: come andavate/andate a scuola? Avete avuto una materia di vostro grande interesse? Come vi relazionavate con i compagni e professori?
Grazie per qualsiasi risposta/commento!
Soltanto nella pienezza della mente è la chiarezza e la verità dimora nel profondo.
Memento audere semper.
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Commenti
Si, hanno sempre saputo che sono particolare, facevo e dicevo cose singolari.
Scuola ero tra le nuvole e poco attenta. I professori hanno sempre capito che fossi particolare.
ciao e benvenuto ! io andavo benissimo alle elementari e medie (la prima della classe), al liceo meno bene, studiavo solo le materie che mi piacevano.
tu come andavi a scuola? come sei arrivato su questo forum?
Peccato che anche loro fossero strani forte.
A scuola non andavo bene in educazione fisica e disegno al liceo avevo problemi anche in matematica, ero brava in italiano storia latino e filosofia, me la cavavo con le lingue e la biologia. Con i compagni non andavo d'accordo con quelli delle medie, con quelli del liceo sarei andata anche d'accordo se gli avessi dato un minimo di confidenza in più ma mi isolavo per non essere esclusa dagli altri, i professori qualcuno mi piaceva e qualcuno no ma ho litigato solo con la professoressa di informatica.
Da bambino mi capitava quando avevo i tic nervosi che gli altri bambini non avevano, quando non volevo mettere i pantaloncini corti e i jeans, quando dicevo di vole fare il prete da grande (per non dovermi sposare), quando non volevo muovere un passo da solo perché avevo paura, quando suonavano alla porta e correvo a nascondermi, quando volevo parlare l'italiano e non dialetti, quando dicevo di non volere bene a mio padre ecc.
A scuola andavo bene ma mi capitava di prendere tante note, che la maestra venisse a casa e che chiamasse mia sorella in classe (eravamo nella stessa scuola ma in classi e aule diverse).
Secondo me, se un genitore si convince della non normalità del figlio commette un errore, sia quando crede il figlio superdotato, sia quando lo crede incapace.
Mia madre mi ha raccontato ultimamente che sapeva che, in qualche modo, doveva stare attenta, che avevo bisogno di essere guardata sempre. Scorgeva perfettamente la parte di me che lei identificava con le caratteristiche più difficili della famiglia di mio padre e ha sempre cercato di essere presente e di agire in funzione di quello di cui potevo avere bisogno. Per spiegarmi questa cosa mi ha descritto il ricordo ancora nitidissimo che ha di me bambina, quando giocavo in cortile con gli altri bambini e lei mi guardava dal balcone: io che andavo in giro con un mantello in raso nero (fuori) e rosso (dentro) confezionato da mia zia per un costume da carnevale, ovviamente indossato per lungo tempo quando ormai carnevale era passato da un bel po'; io che montavo e rimontavo o associavo gli oggetti nei modi più assurdi; io che cercavo di giocare con gli altri ma non ci riuscivo o ci riuscivo in modi strani; io che proponevo agli altri giochi improbabili che venivano sistematicamente rifiutati. Insomma vedeva distintamente il mio modo strampalato di muovermi in mezzo agli altri. Tutt'ora conserva quel mantello nero e rosso (che anch'io ricordo benissimo perché è stato uno degli oggetti a cui tenevo di più e che più amavo) come una specie di simbolo, di promemoria di quello che ero da bambina e, in fondo, anche di quello che sono tutt'ora nella mia parte più profonda.
Riguardo alla scuola, sono andata molto bene fino ad un certo punto, poi sono in qualche modo sopravvissuta (in realtà avevo grossi problemi a relazionarmi sia con i professori sia con i compagni di classe). Non avevo materie preferite perché in qualche modo tutto mi annoiava un po'. Preferivo leggere quello che mi interessava a casa, per i fatti miei. Cosa che in realtà mi è servita moltissimo quando sono arrivata all'università.
Rispondeva , :" il papa o il presidente dellla repubblica ".
Per rispondere al t
Evidentemente Si !
Ancora nutro un po di rancore per il fatto che non siano stati sinceri con me , che non me lo abbiano detto prima , molto tempo fa , che non si siano fidati di me , così avalllando la realtà ormai insolvibile che io sia un ritardato mentale . E di più !!" Negandomi così il tempo per rimediare .
Ma io barcolllo , ma non mollo .
Io da piccolissima mi mettevo nel camino e stavo li', quando mi cercavano sapevano dove ero. La scuola mi e' sempre piaciuta e andavo bene (soprattutto nel disegno dal vero e in matematica) perche' studiavo ed ero ubbidiente, ma nella vita ho fallito in tutti i campi perche' contano soprattutto i rapporti sociali.
Avevo bisogno di attenzioni ma non ne ricevevo perche' ai miei genitori sembravo una bambina tranquilla, solo introversa, che non dava problemi, in realta' piangevo sempre.
Da adolescente mia madre mi disse: "Tu odi le persone", non aveva capito quanto stavo male per il fatto di non riuscire a socializzare.
Sono scappata di casa senza un lavoro,senza niente, perche' pensavo che avrei risolto i miei problemi solo lontano dalla famiglia, invece i problemi erano e sono dentro di me.
In qualunque ambiente mi trovi, mi iscrivo sempre a dei corsi per poter vedere delle persone, dopo poco tempo mi stanno lontana, senza dirmi perche'. So che la gente avverte qualcosa di strano in me.
Ci sarebbero tante cose da dire ma mi riesce difficile scriverle.
L'errore è - sempre secondo me - sentenziare che quell'essere fuori dagli schemi sia a tutti i costi sbagliata o eccezionale.
Quella da figlio Quella da genitore Scusate la formattazione si è incasinato l'xml.
Questo mix ha avuto effetti disastrosi sul nostro rapporto e ripercussioni importanti sulla mia vita (e la sua).
Però oggi posso vedere anche il lato buono: questa situazione ha favorito la mia autonomia e la mia indipendenza, di fatto e di pensiero, fin da piccola.
A mio padre invece, importava semplicemente che io andassi bene a scuola e che fossi una persona per bene, non ha mai capito tutti quei "drammi" di mia madre nei miei confronti. Non so se lui avesse capito/intuito i miei personali disagi col mondo, probabilmente no, ma so che a lui andavo bene com'ero.
Peccato che nelle dinamiche familiari era mia madre ad avere il potere, anche su di lui.
In particolar modo vorrei chiederti se trovi riscontro in questa cosa: durante l'infanzia ho provato spesso molta tristezza perché non riuscivo a farle capire che mi dispiaceva di perdermi nel mio mondo e di non accorgermi del passare del tempo... E che mi dispiaceva ritenere un compleanno o una festa una cosa che non ha nulla a che fare con l'affetto che provavo per lei, ma non avrebbe mai potuto cambiare questa cosa perché per me ricordare di fare qualcosa o un avvenimento ha sempre richiesto uno sforzo, uno stress e un'ansia che gli altri non provano; me lo immagino come una vocina che continuamente fa capolino nella mia testa per rimproverarmi al posto di qualcun'altro prima che le cose avvengano, tipo: "TI SEI RICORDATO DI FARE GLI AUGURI?!? SEI UN PESSIMO FIGLIO SE NON LO FAI."
Al contempo mio padre ha sempre, come nel tuo caso, incentivato la mia creatività e la mia passione per la materia di studio, con l'unica piccola preoccupazione che potessi diventare un "disadattato sociale".
Ma tua madre è anch'essa Asperger oppure ha semplicemente una