otto anni...

Tra
due giorni accompagerò il mio bambino alla prima visita per sospetto autismo.
Lui ha
otto anni, è un tipo in gamba e non so come giustificarmi.
Mi
sono resa conto che non so cosa dirgli...
non so
nemmeno perchè apro la discussione
(se
c'è già mi spostate?)
Forse
è perchè vorrei raccontarvi...
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Commenti
(secondo me lo devi portare non perchè credi sia autistico, ma solo ed esclusivamente se ha anche necessità di un supporto in più di quello che possono dargli normalmente i genitori e gli insegnanti; non gli far mettere un'etichetta se se la cava da solo. Nel caso abbia delle difficoltà oggettive, direi che la cosa migliore è dirgli che lo stai portando a fare le visite per trovare insieme una soluzione a queste difficoltà che ci sono facendo in modo che la vita gli diventi più semplice)
Se la risposta è sì, allora spiegargli cos’e’ la neurodiversita’, cosa comporta e perché è giusto fare un percorso diagnostico sarà semplice da spiegare..
Se invece la risposta è no...prova a pensare al modo in cui avresti voluto lo dicessero a te a quell’eta’.
In ogni caso it mi sento di dirti di non dimentire che per ora è solo un sospetto e penso sia giusto presentarlo come tale al tuo bambino, come un dubbio da approfondire, come un percorso da fare insieme fianco a fianco..
al centro autismo (dove sono stata diagnosticata con disturbo dello spettro autistico/sindrome di asperger).
Si sono accertate di farmi sapere cosa ne pensavano senza sapere altro
(tendenza all'isolamento, interessi e vocabolario particolari, rigidità di ragionamento, necessità di istruzioni precise...)
perciò tempo fa chiesi su questo spazio quali altri disturbi potevano collegarsi alle stereotipie oltre l'autismo.
Se non mi avessero indirizzato non credo che avrei mai chiesto una visita neuropsichiatrica...
...
anche se fino ad ora se l'è cavata, qualsiasi cosa mi diranno spero servirà in futuro...
(parola strana:)
grazie infinite per il vostro supporto
vi racconterò...
lui non sa niente di me, nemmeno suo padre e sua sorella.
credo stia prendendo coscienza in questi giorni perchè mi ha spiegato di sua iniziativa
quanto si senta bene quando gira in tondo, salta....
io gli ho risposto che lo capivo, e che ero felice del suo stare bene...
non so immaginare un discorso più approfondito...
avrei paura in quel caso di segnarlo...non so...
è tutto così difficile...
(alla sua età cosa avrei voluto sapere...devo pensarci...)
Ha bisogno del sostegno a scuola? Se la risposta è no, io non andrei oltre una diagnosi privata, senza richiedere l'invalidità.
8 anni è molto piccolo.
È banale, ma lo psicologo che lo osserva cosa ti ha consigliato?
E comunque la discussione non è sulla scelta di it di far vedere il bimbo, ma su come dirglielo.
Se queste caratteristiche ci sono, e se ovviamente la diagnosi è positiva, io gliela comunicherei. Sul come, non mi permetto di darti consigli: ma credo che la cosa migliore sia evidenziare che si tratta di una condizione che presenta diversi punti di forza, e che canalizzare le proprie energie su questi può permetterti di stare bene e di vivere una vita soddisfacente. So che trovare le parole giuste per trasmettere questo a un bambino di otto anni non è per niente facile...
Per la visita puoi dire che è una normale visita, dove si fanno dei giochi e si deve rispondere a delle domande.
Se la risposta ai test dovesse essere positiva, non cercherei di nascondere la diversità ma aiutare il bambino a comprenderla, lavorando sul valore della ricchezza della diversità, e su quanto ognuno sia importante ed unico.
Avendo anche tu la Sindrome di sicuro molte cose, molte sue domande troveranno più facile risposta.
Avere consapevolezza già da adesso, secondo me, l'aiuterà molto in futuro, soprattutto nell'adolescenza
In coscienza non direi a mio figlio della diagnosi se avesse solo 8 anni.
In previsione si, ma in modo molto accorto, preparandolo.
È una questione delicata.
Resta il fatto che il mio sguardo su mio figlio non mi piace per nulla e che come mamma ero meglio prima di tutto il percorso. Non so se sono pentita, ma nei casi in cui le maestre non si allarmano, non consiglierei mai un percorso diagnostico.
Magari ad alcuni capita che se ne accorgano a 17 anni e senza capacità per poter rimediare.
Posso precisare che le difficoltà relazionali ci sono, la rigidità, la difficoltà ad abbracciare, i pianti e le urla inconsolabili, il pensare in modo diverso...posso andare avanti ma...
Quando era più piccolo non capivo, tirava gli oggetti, non ascoltava nessuno perciò non smetteva, non ricordava nemmeno un compagno o il nome della maestra, stava tutto il tempo a ritagliare e creare giochi. Non sono mai riuscita ad insegnargli niente, riesco solo da poco a tagliarli i capelli, del barbiere non vuole sentire parlare, ha imparato di punto in bianco a usare le forbici a cinque anni per non farlo fare a me...la maestra dell'asilo non riusciva a comunicare con lui, a casa invece era una radio...non possiamo andare da nessuna parte per troppo tempo e si dispera per poter tornare a casa...
Dobbiamo pianificare tutto per non fargli avere sorprese, sembra a scuola che non ascolti ma ha avuto un'ottima pagella.
Gli insegnanti dicono che è particolare, selettivo, originale e si dondola sulla sedia.
Lui detesta andarci ma segue le regole...
Sono tutte particolarità che non sapevo potessero essere parte di un insieme.
Le ho studiate dopo aver capito qualcosa di me...
Nessuno ha mai avuto sospetti," è fatto così" mi dicevano, non è mai stato seguito da nessun psicologo perché io non ho mai pensato ad una cosa del genere...
(continua. .)
E intanto vi ringrazio sto scrivendo al cellulare e non posso più....
E non mi muoverò in tal senso finché vedo che se la cava senza ASL.
Ciò non significa che non faccio nulla, sia io che mio marito ci siamo fatti il mazzo per renderli mimetizzati.
Ok, saranno timidi, saranno particolari, ma ancora restano nel range dell'accettabile e loro... beh, soffrono per i capricci come gli altri.
Hanno capito che certe stereotipie vanno fatte in privato, che gli amici sono utili e possono renderti felice, ma anche triste.
Ovviamente non sono casi severi, anche se da bambini... beh, soprattutto il grande mi faceva paura.
Se non ci sono difficoltà grosse e oggettive, penso non sia necessario inserirli nelle maglie della psichiatria.
Ogni bambino è a se, naturalmente.
E anche ogni famiglia.
Crescere un piccolo Asperger è una faticaccia, forse per un genitore Asperger è un tantinnino più semplice.
Però non so.
Ai miei figli non ho detto nulla, ho solo spiegato in maniera superficiale che esiste questa sindrome, che chi ce l'ha non è uno stupido e che alcune persone di successo ce l'hanno (il tizio dei Pokémon, per esempio).
Un giorno vuoterò il sacco, ma esso non è oggi e neanche domani.
Quando sarà il momento, lo sentirò.
Che ne sarà di loro in futuro?
Non lo so ed ho molta paura.
Soprattutto adesso che il grande andrà alle medie (che io chiamo il mattatoio, tanto ho sofferto in quel periodo).
Molte volte mi vengono i dubbi su questa scelta (non diagnosticarli).
Solo il tempo mi darà la risposta, ma a quel punto sarà troppo tardi.
Però pensando al presente, cosa manca a loro?
Probabilmente più vizi, ma credo che questo sarebbe avvenuto anche senza neurodiversità.
Spero solo che Dio abbia pietà di loro.
Secondo me, sarà pure che lui se la cava, ma non mi pare di aver visto tanti adulti con quei tratti.
Se gli adulti diagnosticati da adulti applicassero le stesse considerazioni su di loro stessi, sarebbero quasi tutti normali. (Sia perché "se la cavano", sia perché manca pure la visibilità).
Le
difficoltà ci sono, non gira semplicemente in tondo, o salta
...lo
fa continuamente finchè non va a dormire.
A
scuola si trattiene...ne è capace, si dondola solo.
L'anno
scorso portava un aggeggio fatto con una vite, bulloni e rondelle
alla
maestra tutte le volte che arrivava per aiutarla ad accedere al pc...
A casa
è facile che si metta i calzini e le scarpe senza essersi vestito...
si
perde nei suoi pensieri e dimentica le fasi da seguire...
o
mette tutto a rovescio...
qualche
mese fa mi ha detto che qualche mattina gli veniva da piangere
ma non
sapeva il perchè...
avevo
tanti dubbi anche io prima di prendere l'appuntamento
perchè
mi sembra migliorato in molti aspetti, anche nella socialità...
però
quando ho chiesto cosa potevo fare qui (a fine estate)
mi è
stato detto che sarebbe stato meglio seguire il consiglio della npi
per
evitare problematiche eventuali in futuro...
io non
gli dirò nulla sulle vere ragioni
non
direi nulla a nessuno,
non ha
bisogno di sostegno.
mi
informerò se una diagnosi positiva dovesse dargli difficoltà nella
società,
nel
caso prenderò la decisione migliore e aspetterò come @Domitilla .
@Orsox2
dicevano che mi perdevo nei miei pensieri,
(letteralmente
rapita a detta di mia sorella maggiore, ero lenta in tutto ciò che
non mi
interessava...
ma tanto, ricordo che me lo dicevano spesso ma io non lo percepivo di
me)
ma ai
tempi (anni 70) i bambini erano liberi di girare tutto il giorno
senza essere osservati.
Io
sono stata fortunata da bambina...adoravo leggere specialmente i
fumetti e mio padre
era un
lettore formidabile, aveva sempre una decina di libri sul comodino.
Poi è
arrivata l'adolescenza...li avrei voluto saperne di asperger
mi
sarei perdonata e non avrei provato vergogna per me stessa...@Marco75
io vi
ringrazio tutti per le vostre parole, a volte mi sono confusa
ma
alla fine ho capito cosa fare e non è poco per me:)
Indubbiamente la diagnosi può essere un punto di inizio da cui partire per mettere in atto comportamenti adeguati, per creare un ambiente aspie-friendly, per sensibilizzare la scuola qualora cè ne fosse bisogno.
La consapevolezza di sè non è mai cosa negativa, ma dipende sempre da come è vissuta.
Ci sono modalità consone per spiegare ad un bambino la sua neurodiversità e ci sono altrettante strategie che possono aiutarlo a capire il mondo intorno.
Da fuori spesso non si vede nulla, come dice sempre @Marcof, che si chiede costantemente quindi perchè crearsi troppe domande o perchè farsi troppi problemi.
In realtà un bambino Asperger sa già com'è.
Perché lo vive.
E questo non è buono nasconderlo perché nella maggior parte dei casi vuol dire negare una identità, un modo d'essere - il suo- vuol dire non tener conto di alcuni bisogno e potrebbe significare non sentirsi compresi.
Da studi e ricerche svolte ormai è assodato quanto la famiglia possa fare in termini di crescita ed equilibrio.
Il primo supporto sono proprio i familiari che mettendo in atto la capacità di comprensione w accettazione reciproca donano ai futuri uomini di domani il loro senso d'esistere.
Al di là dell'etichetta cerca di riflettere sul tuo modo d'essere e fai leva sulla tua consapevolezza.
Sicuramente sarai in grado di arrivare prima di altri a ciò che è necessario se ascolterai te stessa.
La tua condizione è un faro. Non spegnerlo.
Utilizza semmai le visite come una prospettiva in più ma non esserne succube.
Cerca di leggere più che puoi su questo spazio, nel sito, sui libri e non spaventarti.
Tu e tuo figlio vi conoscete da sempre.
Tienilo sempre presente e non dimenticare quanto il vostro sentire sia spesso complice.
Ho scritto tenendo presente la tua storia, ma senza conoscervi quindi ti prego di considerare questo rispetto a ciò che ho scritto.
C'è anche un bellissimo articolo di Attwood in merito alla comunicazione della diagnosi. Appena lo trovo lo posto.
Prendemmo appuntamento, i tempi dell'ASL erano bibblici.
Nel frattempo, cercai esercizi online, glieli feci io a mo' di gioco...
Non so se hanno funzionato o era lui o entrambe le cose...
Beh, iniziò a parlare correttamente, non ha preso neanche il nostro accento regionale... e l'appuntamento era ancora lontano.
Fu cancellato.
C'è anche da dire che ancora molto deve essere fatto in termini di l'inclusione, per tutti, indubbiamente, ma ancor più per profili cognitivi disomogenei che,
molto spesso, faticano a raggiungere i risultati sperati in termini di autonomia (mi riferisco nella fattispecie alla neurodiversità perchè per esempio i programmi scolastici non sono affatto adeguati, come anche la ricezione dello spettro da parte del senso comune).
E da questo punto di vista la famiglia diventa essenziale.
Tuuttavia per quanto concerne l'ambito familiare, le esperienze degli Asperger riportare in questo forum e negli studi degli specialisti sono spesso molto dolorose, a volte per mancanza di informazione rispetto alla neurodiversità e di strumenti (molto frequentemente i componenti essi stessi nello spettro faticano a gestire le dinamiche familiari e, non volendo, attuano comportamenti disfunzionali).
Io in genere quando intervengo parlo di neurodiversità per non estendere tutti i concetti a tutto il possibile universo umano, e solo per centrare meglio l'argomento di cui si sta parlando (chiaramente @asia1234 mi trovi d'accordo sul fatto che bisognerebbe agire in generale nel modo più adatto per tutti).