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Ma perchè? Domande sceme ai neurotipici

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Commenti

  • A me avrebbe dato fastidio, non mi piacciono le mani addosso da parte di sconosciuti. Poi per la mano sulla spalla ho ancora un trauma da bambina, quindi mi sarei veramente irrigidita o avrei fatto qualche mossa per liberarmene.
  • mi spiace molto @patty! a me fortunatamente le mani sulle spalle non danno fastidio, in altri punti però sì come i fianchi, testa e sul viso
  • wolfgangwolfgang Post: 10,787
    @agnese1990 magari si è spostato per vedere in faccia l'assistente e si è semplicemente appoggiato.
    Né scusa né accusa. Addestrare le competenze, insegnare valori, e-ducare l'Uomo dalla Bestia. La Natura non è una scusa.
  • anankeananke Post: 1,585
    @angese be, comunque rimane il fatto che è una cosa positiva e che sei molto fortunata, sono felice per te:)
    (anche sapere che non sono tutti uguali aiuta)
    anche perchè non so voi ma un conto è il distacco cordiale dato dalla discrezione, cosa che uno può apprezzare, ma quel senso di separazione forzata tagliata con il coltello che senti in certi ambienti (io non vi dico io dottorandi che razza di cag**i supremi sono. Manco guardarli in faccia per sbaglio, si sente che per loro non è normale. Anche un semplice "ciao" fra persone che si vedono nello stesso posto per la quarta volta di seguito è un tabù. Devi far finta di non guardarli perchè in contesti sociali tanto intricati e assurdamente complessi, non sai più neanche tu cos'è socialmente consentito e cosa no) io se posso lo evito proprio.
    Insomma, state lontani da Udine, il più grande letamaio umano esistente, scusate la generalizzazione ma ci ho fatto un anno e credo che se fossi andata in una baracca in Siberia sarei stata meglio.
  • @wolgang se lo rifà cercherò di fargli capire che non sono un comodino  :))
    @oskene vieni a modena, io mi sto trovando molto bene e lo consiglio a tutti come ateneo.. poi ovvio non è perfetto ma, per quanto riguarda la mia esperienza, è stata molto positiva
  • anankeananke Post: 1,585
    @agnese sì ormai nella prossima vita;)
    ormai finisco qui:) (e maledizione che ho cominciato)
    comunque grazie della dritta, magari invierò qualcuno che mi chiederà consiglio:)
  • Asia86Asia86 Post: 16
    Io pure non amo essere toccata, soprattutto da sconosciuti...quindi tranquilla, non sei la sola :D poi ovvio, se lo fa un amico, o qualcuno che conosco, nessun problema! A volte una pacca sulla spalla è un modo per enfatizzare qualcosa di cui si sta parlando o esprimere gioia.

    Per quanto riguarda il racconto dei propri problemi...beh, dipende molto da che tipo di problema si sta affrontando. A volte a me fa piacere ricevere un confronto con qualcuno che mi racconta la sua esperienza, a volte no. Ammetto di essere un pò lunatica, perciò non sempre accetto che il mio problema venga paragonato.

    Spero di aver contribuito alla discussione (anche se è di due anni fa ahah).
  • diegodiego Post: 1,136
    Tsukimi ha detto:

    Io parlo dei fatti miei se li trovo più interessanti di quelli altrui. Se voglio essere d'aiuto cerco di dire qualcosa di, uh, utile?

    Se dovessi parlare ogni volta che ritengo il mio discorso più interessante di quello degli altri parlerei sempre e solo io.

    Anzi, l'ho già fatto! Sto cercando di smettere però :P
  • diegodiego Post: 1,136
    Devo ammettere che a me a volte capita di voler avere un contatto fisico con qualcuno, è come se volessi fargli sentire quello che sento io.

    Capita raramente ma capita.

    Urlare in un bar guardando 22 persone che corrono dietro ad un pallone no, non l'ho mai fatto e non penso che lo farò mai.


  • giovannagiovanna Post: 3,905
    modificato aprile 2015
    Quando uno ha un problema, non bisogna, dicono, offrire le proprie soluzioni dando consigli, lo dicono gli psicologi, ma bisogna ascoltarlo con tutta una serie di frasi che ora non ricordo, e che fanno parte dell' ascolto empatico.
    Ce lo insegnarono a un corso.
    Inoltre anche a me da' noia quando ti raccontano di se', ma a un gruppo di aiuto mi ricordo, bisognava dire SOLO le proprie esperienze in merito, non so perche'.

    Ora ricordo: per evitare il giudizio.

    Invece di dare soluzioni si devono fare domande..
    diegoamigdalaMariAlberi
    Sono quella che ha creduto sempre che fosse la chioma di un albero al tramonto e invece era un orso
  • diegodiego Post: 1,136
    @giovanna facile a dirsi ma per me, almeno per il momento, è difficile, molto difficile.

    Imparerò, nel frattempo proverò con un abbraccio :P
    giovanna
  • Lycium_bLycium_b Post: 1,868
    Io non sono neurotipica, ma posso risponderti tranquillamente, poiché conosco i neurotipici e da loro ho anche assorbito certi comportamenti.
    Contatto fisico: le persone che gioiscono assieme di qualcosa si abbracciano per manifestare reciproco affetto e gioia. È un comportamento tipico di gruppo ed è normale che un neurotipico lo comprenda.
    Nell'altro caso, cioè l'avvicinarsi fisicamente all'interlocutore, credo che dipenda dai casi: se si tratta solo di una mano sulla spalla può essere un segno di conforto, ma se l'interlocutore è una donna potrebbe anche trattarsi di un tentativo di approccio sessuale.
    Il parlare di sè. Le persone parlano di propri problemi simili dopo aver sentito l'interlocutore perché per molti la condivisione di situazioni problematiche fa sentire meno soli, secondo il detto "mal comune, mezzo gaudio". Lo faccio anche io, perché ho imparato che puoi essere di conforto ai neurotipici. La condivisione e il confronto comunque possono essere sempre costruttivi.
    giovannaKaleenMariAlberi
  • giovannagiovanna Post: 3,905
    modificato aprile 2015
    Io per esempio il contatto fisico lo evito, do' il bacino di rito col sedere ben lontano, mi sporgo, cioe' tutto il corpo e' proteso all' indietro, anche se sulla faccia e' stampato un sorriso, ma l' abbraccio e' fugace.
    lo stesso per la stretta di mano, la mano sulla spalla, ecc.
    Per me sono tutte convenzioni che rispetto, ma non provo granche'.

    Sul parlare di me, pochissimo, parlo molto ma non mi metto in gioco assolutamente, il sentimento e' ben stretto, o assente, lo slancio inesistente.
    Sono un po' anaffettiva, ecco, ho parlato di me.
    Sono quella che ha creduto sempre che fosse la chioma di un albero al tramonto e invece era un orso
  • RobKRobK Post: 1,267
    Quando qualcuno ha un problema io cerco di offrire soluzioni, non capisco perchè dovrebbe essere visto come mancanza di empatia, anzi non è bello sapere che una persona si applica per risolvere una tua cosa?
    Per il resto, a me capita di raccontare un mio problema passato analogo, non per paragonare le situazioni, ma per riflettere su come l'ho risolto e quindi dare più soluzioni.
    Lycium_b
  • giovannagiovanna Post: 3,905
    modificato aprile 2015
    In teoria perche' il punto di vista degli altri fa appunto pensare, e tramite il riflettere ciascuno dovrebbe trovare la sua soluzione.
    Cioe' non e' la soluzione che offri che serve in se', ma il tuo pensiero alternativo.

    Di solito infatti si dovrebbe dire: se fossi nei tuoi panni ecc.
    RobK
    Sono quella che ha creduto sempre che fosse la chioma di un albero al tramonto e invece era un orso
  • resetreset Post: 2,151
    modificato giugno 2016
    Domande sceme ai neurotipici.

    Perché se fate qualcosa di irritante, ed una persona spiega in modo sereno, il motivo del malumore, una persona continua con l'atteggiamento fastidioso?
    Intendo dire, come si può spiegare ad un nt, che l'irritazione non è legata ad uno stato emotivo (che con il tempo sbolle) ma ad un'azione che provoca una reazione negativa?
    Le parole non sono servite, il silenzio di una settimana non è servito, sinceramente mi viene da pensare che la perseveranza dell'atteggiamento fastidioso sia intenzionale.
    O forse dovrei comunicare il disagio in altro modo? Come?
    Post edited by reset on
    MariAlberiLudo

  • OssitocinaOssitocina Post: 2,725
    @reset provo a risponderti, partendo dal presupposto che non so di cosa si tratti
    Magari, si tratta di un atteggiamento che nell'altro è istintivo, e per cui difficile da moderare, modellare o eliminare.
    Magari, il soggetto in questione è orgoglioso e per cui restio a modificare il proprio atteggiamento, SOPRATTUTTO sapendo ti dia fastidio (e in questo caso, come si suol dire, la miglior arma è l'indifferenza).
    Magari, il tuo modo di reagire allo stimolo fastidioso suscita nella persona in questione una sensazione/emozione piacevole. Spesso, le persone (soprattutto quelle fra cui vi è attrazione) si stuzzicano perché è teneramente divertente vedere il broncio nell'altro, prendersi qualche sberla. Fa parte del gioco. Spiegata, sembra davvero una cosa idiota e inopportuna, ma capita spesso anche a me di farlo, e di esserne a mia volta vittima. Ad esempio, ho spiegato una quindicina di volte alla ragazza di cui sono innamorata, che se mi comunica una situazione in cui è in pericolo o non sta bene, poi deve aggiornarmi, altrimenti io mi preoccupo. Lei, se n'è spesso e volentieri fregata. Quando le ho urlato addosso che mi ero preoccupata tantissimo, una delle volte, mi ha detto "Dai amò, è per vedere se mi vuoi bene". Una cosa assolutamente idiota, ma in un certo qual modo la capisco. Ci innamoriamo, vogliamo bene, anche a queste cazzate reiterate.
    Magari, pensa che il tuo fastidio non abbia ragion d'esistere, perché per lui quell'atteggiamento è sensato e giusto.
    Magari,potrebbe essere una sorta di "ripicca": Tu mi dici che sbaglio, che ti dò fastidio? Bene, io lo faccio il doppio. Perché, purtroppo, a volte capita anche questo. Se sei limpido e preciso alcune persone possono prenderla molto malamente, ed il sentirsi dire di star facendo qualcosa di sbagliato o fastidioso spiazza e lascia infastiditi a propria volta. In alcune persone, nasce una sorta di meccanismo di sfida, per cui sostanzialmente poi non vince nessuno e perdono tutti. Perché tu sarai sempre più infastidita ed esasperata, mentre l'altro in questione sarà conscio di star infastidendo e si ritroverà di fronte una persona che non ne può più.
    Non mi vengono in mente altre opzioni. È facile che sia una combinazione fra queste.
    Dimmi se è plausibile :)
    resetNemo
  • resetreset Post: 2,151
    @Ossitocina ,
    Grazie, purtroppo mi mancano gli schemi mentali, che utilizzano le persone nt. Probabilmente, il fatto che avete una mente multitasking, sopratutto a livello relazionale, è come hai evidenziato, l'insieme delle ipotesi da te descritte.
    Mi è molto utile, il limite di un nd, è di ipotizzare solo ragionamenti lineari, o binari. E sfugge, la visione d'insieme che caratterizza le vostre menti. Siete molto colorati e sfumati :) , dobbiamo imparare a conoscervi, nt e nd uniti!
    Le ipotesi sono plausibili e si conciliano con una sua frase, mi ha detto: - devi essere più easy -.
    Grazie
    :x
    OssitocinaMariAlberi

  • FraRomFraRom Post: 34
    Da NT per me il contatto fisico è il modo più diretto di trasmettere e ricevere affetto: spesso sostituisce efficacemente le parole. Concordo sul parlare di sé: è un modo di dimostrare che si è compreso il problema e lo si è 'interiorizzato'. 
    PS ovviamente, invece di dare solo una risposta, ho detto che cosa funziona per me ;) noi NT siamo incorreggibili!!!
  • LudoLudo Post: 495
    Io chiederei: com'è essere neurotipici? Cosa si prova?
    Dev'essere splendido, si avrà un senso di libertà.
    E come si fa ad esserlo? Sembra così semplice, per loro è scontato, per gli altri è una fatica immensa anche solo cercare di sembrarlo.
    amigdala
  • OssitocinaOssitocina Post: 2,725
    @Ludo provo a risponderti.
    "Come si fa ad esserlo?" È una domanda dalla risposta abbastanza semplice... Ci si nasce :)
    È molto difficile invece, se non impossibile, spiegare cosa si provi ad essere neurotipici, poiché penso si riesca a descivere una condizione solo dopo averne sperimentata una diversa, o se è un qualcosa di straordinario, appunto, atipico (Immagino che un neurodiverso, purché sia consapevole, possa spiegare cosa si prova ad essere ND, perché fa parte di una minoranza e si "scontra" con il mondo tipico da quando è nato, rilevando differenze).
    Io personalissimamente non avverto alcun senso di libertà, perché l'ansia non me lo permette. Penso che la libertà sia una predisposizione mentale e psicologica indipendente dall'essere NT o ND. La neurotipicità, come la neurodiversità, costituiscono tasselli importanti della personalità, ma non sono LA PERSONA, è il contorno a fare la differenza. Per cui il tutto è molto, molto soggettivo a mio parere.

    Probabilmente ti ho dato una risposta-non risposta... Perdonami se te ne fai niente... Ci ho provato :)
    resetriotLudoEireneamigdala
  • pokepoke Post: 1,721
    Perché la maggior parte dei libri dedicati all'autismo/sindrome di asperger si trova scritto nella descrizione questa frase:
    Una lettura preziosissima e ricca di spunti per genitori, insegnanti, psicologi, educatori e per tutti coloro che, in un modo o nell'altro, sono a contatto con l'autismo e con le sue «zone d'ombra».
    Mi spiego, perché non prendono in considerazione che un asperger possa essere anche un lettore?
    Quando leggo quella dicitura mi sento disincentivata alla lettura, perché penso sia scritto solo per quel noi al quale io non appartengo.
    AmelieMononokeHimeSirAlphaexaNemoPuck
  • athenaathena Post: 71
    Vorrei chiedere se il fastidio per il contatto fisico e l'ossessione per qualcosa siano elementi presenti in tutti gli Asperger oppure ci possono anche non essere. Mio figlio ad esempio ama molto il contatto fisico, spesso sono gli altri ad infastidirsi perché è esuberante, e al momento non ha fissazione. Diciamo che la sua è difficoltà nelle relazioni, nell'empatia. Non ha mai avuto disturbi del sonno, ma manca spesso il contatto oculare. È goffo nei movimenti, molto. È particolarmente bravo ad assimilare rapidamente le cose che studia e ad esporle. Comunque ci sono vari tipi di Asperger giusto? La dottoressa parla di borderline. E comunque l'importante è aiutarlo, comunque sia definita la cosa.
  • ElenajElenaj Post: 663
    Assolutamente no, non a tutti dà fastidio il contatto fisico. Come hai accennato tu, l'Asperger si manifesta attraverso diversi fattori, e questi fattori a loro volta si manifestano in varie sfumature.
    Si può dire che in un Asperger è frequente riscontrare fastidio nel contatto fisico, ma può anche rimanere indifferente o addirittura esprimere l'affetto con un contatto esagerato.
    Lo stesso discorso vale per gli interessi speciali. Magari deve ancora trovare qualcosa che lo appassioni.
    Sole
  • SophiaSophia Post: 5,904
    poke ha detto:

    Perché la maggior parte dei libri dedicati all'autismo/sindrome di asperger si trova scritto nella descrizione questa frase: Una lettura preziosissima e ricca di spunti per genitori, insegnanti, psicologi, educatori e per tutti coloro che, in un modo o nell'altro, sono a contatto con l'autismo e con le sue «zone d'ombra». Mi spiego, perché non prendono in considerazione che un asperger possa essere anche un lettore? Quando leggo quella dicitura mi sento disincentivata alla lettura, perché penso sia scritto solo per quel noi al quale io non appartengo.

    @poke perché alcuni testi sono perlopiù rivolti alle famiglie e agli operatori. Sul cosa fare e come comportarsi in caso di...
    Tieni conto che molti testi hanno un intento divulgativo e vogliono appunto parlare al pubblico nella speranza si possa costruire una coscienza nuova e positiva della diversità cognitiva. Penso che molto altro ancora si potrebbe scrivere in tal senso.

    Nella sezione Libri ho fatto delle recensioni ai testi proprio per riuscire ad orientarsi fra i vari argomenti.

    Landauer
    "Nulla esiste finché non ha un nome".
    Lorna Wing
  • pokepoke Post: 1,721
    Domanda che è scaturita oggi al lavoro.

    Ieri mentre parlavo ad una collega, lei si è confidata con me, raccontandomi che è in cura da uno psichiatra. Ho solidarizzato con lei, dicendo - ti capisco -.
    Lei continuava ma ho integrato i suoi racconti, e finalmente ha capito che la comprendevo.

    Oggi, con un altro collega (di cui conosco un trascorso di terapia psicologica e farmacologica) abbiamo toccato temi inerenti la psicologia.
    Sintetizzando, gli ho confidato che sto seguendo un percorso.

    Lui mi mette la mano sulla spalla e mi dice: poke (ha usato il mio nome), non parlare mai di questi argomenti agli altri colleghi. Quelli non capiscono e ti fanno a pezzi se sanno qualcosa.

    Premento che gli altri colleghi, soni nt (posso averne quasi la certezza per dettagli di cui non vi ammorbero').

    Domanda, perché un disturbo (inteso come deviazione dai valori medi - non necessariamente indice di patologia) fa paura?
    Perché per loro non sarebbe un argomento di conversazione al pari di un altro?
    ValentaamigdalaLandauerAmelieSoleLibellulaNemoMononokeHimeSophiaEirenee 1 altri.
  • ElenajElenaj Post: 663
    @poke la gente se ne approfitta delle debolezze degli altri per sentirsi fortificata. O utilizza la diversità del singolo per criticarlo o per renderlo oggetto di pettegolezzo e prendersi gioco di lui. In questo modo esorcizza la paura scaturita dal diverso.
    NewtonLandauerAmelieLibellulaMononokeHimeJane
  • @poke quanto hai ragione! Pensa che io non ho "rivelato" la diagnosi bipolare nemmeno alle mie amiche di lunga data e non so, temo che mi tratterebbero diversamente. Ho queste riserve perché la mia diagnosi è stata vissuta male in famiglia per cui mi dicevano che ero la "pazza isterica" e quindi ogni mio sfogo e incazzatura invece di essere capito per quello che era, veniva archiviato solo perché io ero la malata di mente...Io non voglio farmi definire dalla mia diagnosi. La diagnosi spiega dei miei meccanismi. Sicuramente avrò elementi comuni al funzionamento di altri bipolari ma sono anche certa che io sono diversa dagli altri, la diagnosi non ci rende uguali come clonati. Lo stesso vale per l'asperger. Ognuno non viene definito dalla diagnosi della sindrome ma per sue esperienze familiari e condizioni ambientali sviluppa una sua personalità. Ma faglilo capire agli altri...
    MononokeHimeLifelsElenaj
  • poke ha detto:

    Domanda, perché un disturbo (inteso come deviazione dai valori medi - non necessariamente indice di patologia) fa paura?
    Perché per loro non sarebbe un argomento di conversazione al pari di un altro?

    @poke
    Generalizzare, secondo me, non sempre aiuta ad analizzare lucidamente la complessità delle situazioni dove ognuno di noi vive ed opera.

    Quindi comprendo la situazione di cui parli, che è esperienza comune per tanti di noi.
    Provo a darti la mia semplice opinione, per tentare di guardare le cose da un'altra angolazione.

    A mio avviso, nell'esperienza di tutti i giorni, spesso le situazioni non sono tutte bianche o tutte nere.
    Quindi ci sono argomenti facili e leggeri, e altri più difficili e pesanti, a seconda degli strumenti e delle risorse presenti nel contesto, insieme alle persone che si muovono al suo interno.

    Non so se sei d'accordo, ma che tu abbia trovato due colleghi con cui aprirti un po', ascoltando anche le loro confidenze, mi sembra un aspetto positivo, che quindi sembra spezzare il cerchio di superficialità con cui si viene talvolta stigmatizzati.

    Uno dei meccanismi studiati nella situazione che descrivi, è la facilità con cui la nostra mente raggruppa le informazioni secondo stereotipi e pregiudizi.
    Lo facciamo tutti, anche senza volerlo e senza malignità: diciamo che è una sorta di modalità automatica.... con la quale il cervello mette delle "etichette".

    Trattare della propria salute è un tema delicato e sensibile, di cui sarebbe preferibile dialogare con discrezione e attenzione. Questo non solo da parte di chi riceve le confidenze, ma anche per chi si confida.

    La propria salute è un tema pieno di rimandi: è qualcosa di un po' riservato... talmente personale che chiede cmnq l'apertura di una sorta di canale comunicativo non facile ne ovvio.
    Che dipende sia da me che dalla persona che scelgo come interlocutore.

    Ci saranno persone in grado di recepire i contenuti complessi sottesi nel dialogo, e di averne cura.
    Altre persone, invece, non saranno in grado.

    Le mie cose personali non le considero alla stregua di un qualunque argomento.
    Quindi opero delle scelte: che mi mettano nella condizione di ricevere "cura" e di far scaturire una situazione positiva di rispetto e comprensione reciproca.
    Quando ho bisogno di essere capita, favorisco il clima positivo che vorrei intorno a me: ad esempio scelgo con attenzione le persone e il setting in cui vorrei aprirmi: e anche quali contenuti condividere.

    Ad esempio, cerco di prendermi un tempo congruo, un luogo che non sia un porto di mare, un momento dove le persone possano sentirsi a loro agio, predisposte al dialogo.
    Se invece sono nel corridoio, coi telefoni degli uffici che squillano e in presenza di persone che non godono della mia fiducia, preferisco aspettare e trovare in seguito un momento più consono.

    In tal modo il rischio di sentirmi fraintesa o banalizzata si abbassa, responsabilizzando anche i miei interlocutori riguardo alla delicatezza dei temi trattati.


    LifelsValentaEireneleila
  • woodstockwoodstock Post: 572
    modificato maggio 2017
    Libellula ha detto:

    Pensa che io non ho "rivelato" la diagnosi bipolare nemmeno alle mie amiche di lunga data e non so, temo che mi tratterebbero diversamente. Ho queste riserve perché la mia diagnosi è stata vissuta male in famiglia per cui mi dicevano che ero la "pazza isterica"

    Ehi, mi dispiace... Come vedi qui puoi scegliere di raccontarti e di dialogare.
    Uno spazio come questo è interessante e prezioso anche per situazioni come quella di cui ci parli.
    Post edited by riot on
    LibellulaElenaj
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